martedì 27 agosto 2013

giorni sereni

Si lo sapevo eravamo d'accordo che sarei andata a Como da Enrica  ma dopo l'esperienza che vi ho raccontato sono volata via con piacere.
Ho voluto mettere la cartina del lago perchè molto spesso almeno per me  che è tanti anni che non vado a scuola dimentico le cose e non ho le idee chiare.
Prendo il treno Genova Milano-Milano Zurigo, con fermata Como
Sono 3 ore di viaggio tra carrozze italiane mal deodoranti e freccia bianca Svizzera molto confortevole.
Io e Enrica non so perchè ci siamo viste una volta sola ma tra noi c'è un filo conduttore che ci unisce, c'è qualcosa che io rivedo in lei alla mia età, ma questo non ci ha impedito di sentirci al telefono e che lunghe le telefonate avevamo voglia di conoscerci. 
Si dice che l'amicizia vera no esiste nella vita reale, figurati in quella virtuale.
Al contrario, io credo che dietro ad ogni persona, ci celi una storia dietro ad ogni post, si celano sentimenti
dietro ad ogni sorriso si cela anche un 'Amicizia e allora ben 
vengono i blog, gli incontri,le amicizie, i buoni sentimenti.
Poi  avere la fortuna di conoscere Enrica giovane dinamica 
donna, capace di donare il suo grande cuore, è il massimo che puoi chiedere.
Non sentirsi ospite ma a casa propria è il massimo dell'agio che una persona può provare, questo è quello che io ho sentito grazie Enrica.
Abile guida dei suoi posti meravigliosi metto qualche foto e vi auguro di andarci anche voi

ritorno dalle ferie

Ciao a tutti come state ?
le vostre vacanze son finite e dove siete andati?


Vi confesso, che ancora oggi non mi sono ripresa dalla brutta avventura di aver incontrato il ladro in casa di notte.
Io vivo sola e sono una persona serena, capace di dormire tutta la notte senza interrompere il sonno,non so perchè ma mi sono svegliata forse il caldo fatto sta avevo sete,accendo la luce e vedo due ante dell'armadio aperte, li per li non mi sono insospettita, ma poi vedendo altri cassetti aperti e sentire che le mie gambe tremavano perchè avevo capito che qualcuno era in casa,con il caldo avevo le porte interne aperte ma una era chiusa quella del bagno lui era li, non ho avuto il coraggio di aprila, sono andata a letto e ho fatto finta di dormire.
Lui uscito fuori girava con una pila me la messa anche negli occhi per assicurarsi  del mio sonno, ma io fingevo e vi posso assicurare tremavo come una foglia avevo paura.
Dopo aver fatto il giro e preso poco perchè oro lo avevano già portato via per il passato,soldi solo quelli che erano nel borsellino di una pensionata è uscito da dove è entrato dalla porta di ingresso. Non ditemi devi stare attenta perchè io chiudo la porta che è un mezzo blindato e tolgo le chiavi.
Al mattino seguente dalle finestre dei palazzi la gente non parlava d'altro perchè anche ai piani alti erano andati, dove hanno fatto dei bei bottini, fortunatamente il mio pc è un fisso non le serviva  se no anche quello sarebbe sparito.
Con ciò alla notte faccio dei barricamenti sposto mobili e li metto dietro alla porta, le finestre le blindo con dei ferri in attesa che mi installano l'allarme.
Una cara amica per consolarmi mi ha dato l'ospitalità a casa sua dove io ho passato giorni felici ma questo è un altro racconto che io scriverò. 


sabato 10 agosto 2013

con questa acqua in movimento il blog di nonna Alba va in ferie ci sentiamo a Settembre   buone vacanze a tutti

giovedì 8 agosto 2013

ilMandylion di Genova

Desideriamo qui dedicare una pagina alla nostra città, Genova, e alla chiesa di San Bartolomeo degli Armeni presso la quale è custodita l’icona del Santo Volto nota, appunto, come “Il Mandylion di Genova” .

Il Mandylion di Genova
Il Mandylion di Genova
Chiesa s. Bartolomeo degli Armeni
Per noi iconografi genovesi, che abbiamo il privilegio di poter pregare davanti ad essa, questa preziosa reliquia (che a Genova chiamiamo affettuosamente "Santo Mandillo") non è soltanto un tesoro, ma il simbolo di una Presenza e un punto di riferimento per il nostro lavoro.

La prima icona di Cristo è il Suo volto che, secondo la credenza, Lui stesso impresse  su un panno allo scopo di inviare la Sua immagine al Re di Edessa "Abgar" morente che, dopo averla ricevuta, guarì miracolosamente.
Per tutto il primo millennio dell’era cristiana il Volto del Cristo di Edessa, con l’autorevolezza derivante dalla sua “acheropitia” fu riconosciuto e venerato come il vero ritratto di Gesù, la matrice di tutta l’iconografia cristiana, ma la sua eccezionale importanza si affermò soprattutto durante l’Iconoclastia, quando, nel secolo VIII, alcuni imperatori bizantini tentarono di distruggere le Immagini Sacre con il pretesto di purificare il culto cristiano. I difensori delle Sacre Immagini, come san Giovanni Damasceno, presentarono quindi, quale principale argomento storico a sostegno delle loro convinzioni, l’esistenza del Santo Volto di Edessa, che la tradizione faceva risalire al tempo stesso di Gesù.
Fu così che il II Concilio di Nicea (VII Concilio Ecumenico ) del 787 d.C., stabilì e decretò la validità del culto delle Sacre Immagini sulla base “storica” del Santo Volto di Edessa e sulla base “dogmatica” della verità dell’Incarnazione, per cui Dio, in Gesù, si è reso ‘visibile’ e quindi ‘rappresentabile’.
Nel 944 il Santo Volto fu trasferito a Costantinopoli e per ricordare questa importante traslazione fu istituita una festa liturgica che  fa parte ancora oggi del culto Bizantino.
Nel 1362 il Santo Volto fu portato via da Costantinopoli dal Capitano genovese Leonardo Montaldo, poi diventato Doge, il quale lo ebbe in dono o lo pretese, in seguito ad aiuti militari prestati all’Imperatore Giovanni V Paleologo.
Portato a Genova, nel 1384 fu donato dal Montaldo alla chiesa di San Bartolomeo degli Armeni dove, da allora, è oggetto di grande venerazione da parte dei genovesi e non solo.
Nel 1507, quando Genova venne occupata dai Francesi di  Luigi XII, il Santo Volto fu rubato e portato in Francia, ma dopo alcuni mesi, con l’intervento di ambasciatori e ricchi mercanti e banchieri genovesi, la preziosissima Reliquia fu riportata a Genova.
Qui è rimasta quale baluardo spirituale della Città – soprattutto al tempo della Repubblica Genovese -, come era già stata a Edessa e a Costantinopoli, segno eloquente della storia religiosa di Genova ma, anche e più ancora, dell’intero mondo cristiano, che in questo Ritratto del Cristo Gesù conserva una traccia “sensibile” del principio fondamentale della sua Fede: la Verità e la realtà dell’Incarnazione.

La reliquia


Gesu consegna la sua immagine ad Anania
Gesù consegna la sua immagine ad Anania, O. De Ferrari - VII sec. - Chiesa s. Bartolomeo degli Armeni
Il Santo Volto è stato oggetto di ricerche storiche da parte di molti studiosi e, con l’aiuto di radiografie e tomografie, si sono potuti osservare e studiare le singole parti di cui è composto.

Si è constatato che l’Immagine è una tempera ‘a uovo’ e risulta leggermente ritoccata qua e là.
Sotto la tempera esiste un lino che potrebbe essere quello, descritto nella tradizione, in cui Gesù impresse la figura del suo Volto dopo che inutilmente il pittore Anania inviato dal re Abgar di Edessa tentava di ritrarre Gesù. Esiste però anche un’altra tradizione secondo la quale il pittore Anania avrebbe eseguito effettivamente il ritratto di Gesù: quello, appunto, che noi ammiriamo.
Il lino è incollato su una antichissima tavoletta di cedro, inserita a sua volta in un più ampio supporto di legno sul quale è stato applicato un preziosissimo ornato di filigrana di argento e oro, nel periodo in cui si trovava a Costantinopoli. In questo ornato sono presenti 10 formelle a sbalzo in cui è rappresentata l’origine del Santo Volto, unitamente ad alcuni episodi salienti della sua storia fino alla traslazione a Costantinopoli. Si tratta di un vero capolavoro di oreficeria bizantina che distingue essenzialmente la nostra Reliquia da tutte le altre riproduzioni del Santo Volto di Edessa.
Il supporto più piccolo, originario, conserva intorno al Volto del Cristo una serie continua di fori nei quali erano inserite piccole perle.
Altro preziosissimo elemento sono i frammenti di antiche stoffe persiane e arabe ritrovate incollate alla parte posteriore del supporto di legno, che risalgono ai secoli precedenti il Mille e che probabilmente avevano avvolto la Reliquia. Sulle medesime è stata incollata nel sec. XV un’altra preziosa stoffa, ligure, intessuta di fili d’argento e rappresentante un melograno.
Il Santo Volto è custodito in una preziosa teca d’argento dell'inizio secolo XVII, ulterioremnte arricchita da una serie di pietre preziose incastonate in una cornice di argento e oro.

Per il materiale informativo si ringraziano
i PP. Barnabiti della Chiesa di s. Bartolomeo degli Armeni in Genova
Piazza s. Bartolomeo degli Armeni (da Via Assarotti)
 a cura del museo
Diocesano di Genova, che ringraziamo, in occasione della mostra “Mandylion - Intorno al Sacro Volto da Bisanzio a Genova”- 2004.


martedì 6 agosto 2013

Hiroshima dopo lo scoppio sono passati 68 per non dimenticare

Portofino del 1915

Portofino, il parroco ritrova la guida del 1915
Era finita in una libreria antiquaria di Colonia. Il parroco di Portofino l'ha scovata e presto farà ristampare "La mia casa ligure" ("Mein ligurisches heim"), guida turistica scritta nel 1915 dal barone Alfons Von Mumm. Il testo, oggi tradotto dal tedesco da Elisa Lanata, racconta un tratto di Riviera da Camogli fino a Sestri Levante, con note naturalistiche ma non prive di sfumature poetiche: "Si tratta di una testimonianza importante di turismo culturale di primo Novecento nel Tigullio, un esempio eccellente di cronaca quotidiana", racconta don Alessandro Giosso. "Ne vogliamo stampare circa 500 copie: ne sono già state ordina

lunedì 5 agosto 2013

Storia di Genova: il Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale e il boom econ...

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Le vecchie case chiuse, Genova e le sue signorine 

Via Garibaldi è la via dell'un esco dove si trovano i palazzi dei rolla strada nobigliare 
Prostitute
Illustrazione di Valentina Sciutti
Quando via Garibaldi si chiamava ancora via Montalbano, era il sito del postribolo pubblico, l’analogo del lupanare di Pompei. Siamo al tempo delle Repubbliche Marinare, il “malaffare” si estendeva dalla Maddalena fino a Porta Soprana. La prostituzione non era un libero mestiere perché, ogni 5 anni, la via veniva appaltata e, dunque, essendo fonte di denaro doveva essere regimentata.
Dove, adesso, ci sono i dissuasori per il traffico, a quei tempi c’era un cancello per definirne i confini. Le “signorine”, infatti, pagavano regolarmente le tasse, 5 genovini al giorno e, come lavoratrici, avevano il sabato libero, la domenica andavano alla messa, rigorosamente vestite di giallo e, a S.Giovanni, seguivano la processione dietro l’effige della Maddalena, loro simbolo.
La notte tornavano a fare il loro mestiere: avevano un portinaio per scoraggiare i violenti e se qualche ragazza veniva ferita, il responsabile era costretto a pagare la diaria cioè l’equivalente del mancato lavoro. Erano chiamate le donne delle candele perchè il tempo e quindi l’onere della prestazione era determinato da una tacca incisa su un cero.
All’inizio del 1500 i nobili genovesi, per costruire i loro sontuosi palazzi, spostarono più a valle la vita notturna. Poiché il denaro continuava a fluire, non cambiò nulla fino all’Unita d’Italia, quando Cavour si inventò la legge sulle case chiuse cioè case con persiane rigorosamente oscurate onde evitare sguardi indiscreti. Queste venivano censite come edifici di lusso e regolarmente tassate.
Accanto ai lussuosi Suprema e il Mary Noir, di prima categoria, dove c’erano velluti, caviale e champagne, si trovavano quelle di bassissimo livello in vecchi magazzini, con panche in legno e tende come separé. La più famosa, tra il 1900 e la fine della guerra, era chiamata il Lepre ed era gestito da una certa Rina meglio conosciuta come la “Tigre di Gondar” per i suoi passati al seguito dell’esercito italiano in Etiopia. Nostalgica del fascismo, vietava alle signorine l’intimo nero, colore che non si addiceva a parti del corpo particolari. Essendo di categoria intermedia, c’era anche il sistema di accoglienza, un vero dopocena, dove i ragazzi andavano a fare “flanella”… cioè nulla! In quel caso le tariffe erano: mezzora , quarto d’ora , semplice e doppia e la prestazione veniva pagata con la marchetta che potevano essere tappi di bottiglia o bottoni o fiches.
Un’altra casa molto famosa era quella di vico dei Ragazzi, in cui potevano entrare i minorenni , cosa proibita dalla legge che, in questo caso, chiudeva gli occhi dietro un lauto compenso da parte dellamaitresse Angioina.
Nei pressi di vico Carabaghe, esisteva un “ritrovo” dalle pareti viola che il cantautore Gino Paoli dichiara essere stata fonte di ispirazione per una sua celebre canzone. Un mondo di storie che solo gli “anta” possono raccontare e che è finito il 1 gennaio 1958, con la legge Merlin

jeans-genova
Illustrazione di Constanza Rojas
C’era una volta il “denim”, una solida tela in cotone, contrassegnata da robustezza ed adattabilità, grazie alla sua armatura a saia (disposizione diagonale dei fili), il cui nome sembra derivare da “Nimes”, città della Francia, in cui veniva intrecciato. Fin dal XV secolo, era usato in competizione col fustagno, prodotto nella città di Chieri (Torino) e che raggiungeva Genova per venire esportato o adoperato nella creazione di sacchi per vele o per teloni da copertura. Secondo alcuni, questo tipo di filato è stato impiegato, per primo, nella manifattura di pantaloni da lavoro, antesignani dei “Jeans”, primogenitura spesso assegnata al bordatto ligure o vergatino, un tessuto, quadrettato, in cotone.
Sta di fatto che, come narra  questa “favola”, un anonimo mercante genovese decide, alla fine dell’800, di inviare in America una partita di queste tele di colore blu (dalla tintura con indaco), e di sfruttarle per la confezione di tute e, soprattutto, di calzoni, caratterizzati da ampie e robuste tasche, molto richiesti dai cercatori d’oro.
L’accoglienza favorevole dimostrata verso tale abbigliamento, spinge due attenti tessitori, Levi Strauss e Jacob Davies, non solo a produrre la tela di “Genes” (da cui Jeans) ma anche a chiederne ilbrevetto, nel 1874.
Il cammino dei jeans verso la notorietà conosce, fino ai primi del ‘900, un periodo di “oscurantismo” che li confina tra la merce di “basso rango” ma con l’avvento, negli anni ’30, dei primi film sui cowboys, in cui i protagonisti li indossano insieme agli immancabili pistoloni, in atteggiamento da vero “macho” e quando James Dean, nel 1955, diviene un mito emblematico con la sua“Gioventù bruciata”, il loro uso si diffonde rapidamente tra i giovani americani, tanto da farne “l’uniforme” dei teenagers.
Con la guerra, arrivano in Europa portati dai Marines, ma si deve aspettare fino al 1953, nel periodo post-bellico, perchè , grazie al basso costo, vengano assunti come “divisa” da giovani ribelli inglesi, i Teddy Boys, che li sfoggiano, sotto blazer scuri, con  modelli a sigaretta, orli rivoltati e aspetto consunto  o, più avanti, dai capelloni che affollano le piazze, qui a Genova come quella di Tommaseo…
Contro questi simboli della contestazione giovanile, visti in molti casi come artefici di atti di delinquenza e di bravate censurabili, si scatena una vera battaglia denigratoria, a partire dal 1959, da cui non si salvano neppure i blue jeans che vengono proibiti perentoriamente dai presidi, i quali non esitavano a rispedire a casa coloro che osano presentarsi così abbigliati, e sono fortemente esecrati dai capo-uffici, pubblici e privati, che non tolleravano nessuna deroga, in nome del contegno e del decoro.
Ma come in ogni favola, arriva un principe salvatore, in questo caso un vero re dell’automobile, Gianni Agnelli, con impeccabili Jeans in perfetto stile “casual”, assicurando che possono essere indossati in molte occasioni, grazie ad un piacevole “senso di libertà”.
Come una principessa risvegliata da un bacio, la moda dilaga già dal giorno successivo, sotto gli sguardi impotenti dei tutori del look, sia tra uomini che donne, queste ultime finalmente liberate dal talebano dictat religioso “e la donna non si metterà un indumento da uomo, perché chiunque fa tali cose è in abomino del signore (deuteronomio capitolo XXII)”.
Merita citare, non proprio come esempio di morale conclusiva di una fiaba,  lo scalpore suscitato in quegli anni dall’immagine provocatoria di una nota pubblicità lanciata dal marchio “Jesus”, il quale campeggiava su un formoso lato B, accompagnato da un “caldo” invito: “chi mi ama, mi segua

domenica 4 agosto 2013

La Liguria e le sue grotte vicino al mare di ponente 
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MERAVIGLIE NATURALI D'ITALIA
SAVONA
GROTTE DI TOIRANO
Liguria
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Percorrendo la strada che da Borghetto S. Spirito raggiunge Toirano salendo poi verso il Giogo di Toirano si rimane subito colpiti dall’eccezionale paesaggio rupestre circostante. Sono le rocce calcaree e dolomitiche a conferire un aspetto spesso aspro e tormentato alla valle, così come è da imputare a questo tipo di roccia, facilmente erodibile dall’acqua, la presenza di uno dei più importanti
complessi di cavità naturali d’Italia: le Grotte di Toirano. Quest’ultime si raggiungono con una breve deviazione lungo la strada per il Giogo di Toirano ed offrono la possibilità di effettuare al loro interno un suggestivo percorso della durata superiore ad un’ora. Le grotte, infatti, sono state attrezzate e predisposte alla visita. Soprattutto ciò è stato fatto per la Grotta della Basura (o della Strega) al cui interno si susseguono incontri
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affascinanti.
Le meravigliose concrezioni delle grotte
A partire dal "cimitero degli orsi", un enorme accumulo di ossa di Ursus Spelaeus, per passare al "corridoio delle impronte",
caratterizzato dai calchi di torce, unghiate d’orso e impronte umane che dimostrano come l’uomo di Cro-Magnon, circa 14.000 anni fa, cacciasse l’orso nelle caverne, illuminandole con torce. Questo fantastico mondo meta di geologici, antropologi e archeologi da tutto il mondo è stato collegato, con un traforo artificiale, alla Grotta di S. Lucia Inferiore, in cui l’elemento di forza è rappresentato dalle affusolate stalattiti e stalagmiti.
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"Fioriture" calcaree all'interno delle grotte
INFORMAZIONI TURISTICHE PER LA VISITA ALLE GROTTE
- IAT Alassio, Viale Gibb 26, 17021 Alassio (Savona), tel. 0182 640346
- IAT Albenga, Via Cavour 5, 17031 Albenga (Savona), tel. 0182 51325