giovedì 25 dicembre 2014


Natale 2014

In un piccolo sacchetto vi era il cuore di mia figlia e scrivo qui il suo pensiero.


Questo piccolo pensiero è
donato ad una persona molto
speciale, che mi riempe il cuore
averla  accanto.
Il prezioso amore di mamma
che mi trasmetti è la cosa più preziosa dell'essere figlia.
Tu con il tuo sacrificio di mamma, mi hai insegnato a diventare
grande e ricca dentro.
Si perchè per me questa oggi è la mia ricchezza.
Il tuo dono ogni giorno di averti accanto
mi rende migliore, perchè per me sei l'esempio
di una "grande " mamma che ammiro con grande AMORE
                                 Tua Laura e nipotini  Diego e Linda

lunedì 22 dicembre 2014

 cari amici
è bello riprendere a scrivere mi mancava, purtroppo avevo il braccio ingessato per una brutta frattura
vi voglio augurare Buon Natale
con una bella poesia di Gianni Rodari

L’ALBERO DEI POVERI 


Filastrocca di Natale, 
la neve è bianca come il sale, 
la neve è fredda, la notte è nera 
ma per i bimbi è primavera: 
soltanto per loro, ai piedi del letto 
è fiorito un alberetto. 

Che strani fiori, che frutti buoni 
oggi sull'albero dei doni: 
bambole d'oro, treni di latta, 
orsi dal pelo come d'ovatta, 
e in cima, proprio sul ramo più alto, 
un cavallo che spicca il salto. 

Quasi lo tocco... Ma no, ho sognato, 
ed ecco, adesso, mi sono destato: 
nella mia casa, accanto al mio letto 
non è fiorito l'alberetto. 

Ci sono soltanto i fiori di gelo 
sui vetri che mi nascondono il cielo. 

L'albero dei poveri sul vetro è fiorito: 
io lo cancello con un dito. 

martedì 11 novembre 2014

Oltre il muro - 25 anni dalla caduta del muro di Berlino

  1. I poveri tedeschi del est erano prigionieri con il cielo sopra la testa, prigionieri senza colpa, divisi da un muro lungo 155 km fatto in una notte,
    Tanti ragazzi di oggi lo leggono sui libri di scuola ma noi che abbiamo vissuto gli anni della guerra fredda sappiamo il sacrificio di vite umane che cercavano di evadere.
    Io penso a tutti i muri che vi sono nel mondo e finché questi esistono non vi sarà mai pace.
    Eccone alcuni:
    Qalqilya Cisgiordania:
    muroche divide Israele con la Palestina
    Arabia Saudita – Yemen
    Il governo si impossessa dei terreni dello Yemen e fa una barriera nel deserto lunga 75 km
    Baghdad -Iraq
    Nella città c’è un muro di 5 km nel quartier sunnita
    voluto da Bush per proteggere i sciiti
    India – Pakistan
    linea di controllo fatta con grandi intrecci di filo spinato
    lunga  3.300 Km
    Pajn Corea del sud
    Barriera profonda 4 km lunga 241 km che divide dalla Corea del nord altezza 38 parallelo
    Tijnana – Messico
    tra Stati Uniti e Messico c’è una barriera di sicurezza per gli immigranti clandestini, fatta di lamiere metallica sagomata con
     dove migliaia di persone sono morte nella speranza di trovare benessere i America
    Mililla Spagna
    barriera di filo spinato alta 3 m per ostacolare immigrazione dal Marocco
    Belfast Irlanda del nord  
    anche se il conflitto terminato le barriere esistono sempre
    altre muri tra Egitto e striscia di Gaza
    Cina altro muro con la Corea del nord.

lunedì 10 novembre 2014

scritto da francesca il 10 11 2014

Giormata-infermieri-2009_manifesto

Nella vita si ha un DNA anche per le predisposizioni lavorative.

Già da bambina sentivo un grande trasporto nei confronti dei bisogni della gente, non sapevo che cosa era quello che sentivo dentro di me, ma so che ero felice se potevo rendermi utile.
Così molto spesso mi trovavo in situazioni più grandi di me, prendendomi anche delle belle sgridate. ” Fatti i fatti tuoi”, era la frase che spesso mi sentivo dire, insomma passavo come una ficcanaso.

Nel lontano 1958 entrai come inserviente nella grande cucina del Gaslini gestita da suore che della parola  “amore “non conoscevano neppure il significato.

Perciò tante furono le angherie che io subii( niente caffè, sei stonata, messa alle 6,30 del mattino e poi ti davano la brodaglia).

Eppure io ringrazio le loro angherie perchè da un male ne è uscito un bene.

Mi facevano ruotare per sostituire persone mancanti, perciò molto spesso mi ritrovavo in cucina dietetica. Qui ho imparato a conoscere vari tipi di alimentazione indispensabili per le varie malattie, e con la dietista pesavo al mg. gli ingredienti che servivano alle diete da somministrare. E questo mi piaceva molto.

La dietista un giorno mi disse “Alba lei qui è sprecata, la sua intelligenza merita altro, faccia il corso da generica”.

A quei tempi il livello di istruzione era molto inferiore ad oggi e per essere diplomate bastavano 2 anni di scuola superiore, mentre per la generica era sufficiente la 5 elementare.

Avevo paura,erano anni che non prendevo la penna in mano, ma soprattutto  non avevo i soldi per i libri.
Tutto questo lei lo capì al volo, mi diede i suoi libri e fece in modo che gli orari di lavoro coincidessero con la scuola. Non solo ma mi ha aiutato anche a studiare.

Mi impegnai con grande forza di volontà, era quello che io in fondo avevo sempre desiderato.
La sveglia era alle 5 del mattino e a causa della grande lontananza casa- lavoro, la mia giornata terminava alle 23. Tutto questo durò un anno.

Finché giunse il sospirato giorno che lessi in bacheca: ” promossa con 59 su 60 sessantesimi”.

diploma
Non dimenticherò mai più la prima volta che ho indossato la divisa e sono entrata in corsia.
Rubavo con gli occhi il lavoro, ascoltavo i medici in visita, e leggevo molti trattati di medicina.
Dovevo essere pronta ad aiutare, il mio sangue freddo che non perdeva lucidità nei momenti difficili, è stato il mio sostegno reale.

Dopo anni, già mamma di due bambini Luigi e Lia, mi iscrissi ad un corso di specializzazione in neuro psichiatria pediatrica.

Mi affascinava la materia, così entrai nel più brutto reparto che il Gaslini potesse avere, con bimbi convulsivi, microcefali, idrocefali, malformazioni neonatali, ecc ecc.

La mia rabbia era la mia impotenza di fronte a queste tremende patologie.

neinat

Molto spesso i miei piccini avevano tragedie famigliari alle spalle, abbandonati a loro stessi e alla bontà di chi poteva prendersene cura.

Poi se sei mamma la tua sensibilità aumenta. Ricordo che di notte stiravo e lavavo i loro camicini indossati dai miei figli, e siccome anche l’occhio vuole la sua parte, i piccini, così, sembravano meno malati.

Rientrata in servizio dopo la terza figlia Laura, mi innamorai di una bimba, Angelica. Aveva 12 mesi,due occhietti vispi, mora e capelli ricci, era sana in assoluto ma aveva alle spalle vicissitudini famigliari molto tristi e dolorose.

12 m

Era veramente proibito baciare i bambini ma lei ne ha presi tanti, ma tanti di baci a “scrocco”, da me. Divenne la mia quarta figlia.

Dio sa quanto bene le ho voluto, ero riuscita ad ottenere dei permessi dalla direzione sanitaria per portarmela a casa. Visse con noi 6 anni finché la procura minorile ce la tolse. L’ho cercata ovunque ma non l’ho mai più ritrovata. E’ un pezzo di vita che manca a completare il mosaico del mio cuore.

Infermieri si nasce non si diventa.

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domenica 2 novembre 2014

Viaggio fra le usanze ed i riti del mondo e di talune parti del nostro Stivale di una giornata mai riconosciuta come festiva

La Commemorazione dei defunti è una ricorrenza della Chiesa cattolica. Anticamente preceduta da una novena, è celebrata il 2 novembre di ogni anno. Nel calendario liturgico segue di un giorno la festività di Ognissanti del 1 novembre.
E’ il giorno in cui solitamente è consuetudine far visita ai cimiteri e camposanto, portando in dono fiori e crisantemi al cospetto delle tombe dei propri cari, talune delle quali – dopo 364 giorni di abbandono duranti i quali hanno più volte rischiato di venire inghiottite dalle erbacce – tornano così ad avere quel briciolo di decenza, nel rispetto (almeno per un giorno) di coloro che non ci sono più. Un modo come un altro per fingere di far pace con la propria coscienza, i propri rimorsi, forse mai esistiti. Perchè così fan tutti, insomma.
Il colore liturgico di questa commemorazione è il viola: quello della penitenza, dell'attesa e del dolore, utilizzato anche nei funerali. Nella forma straordinaria del rito romano era previsto che nel caso in cui il 2 novembre cadesse di domenica (così come in questo 2014), la ricorrenza fosse celebrata il giorno successivo, lunedì 3. In Italia, benché molti lo considerino come un giorno festivo, la ricorrenza non è mai stata ufficialmente istituita come Festività Civile.
L'idea di commemorare i defunti in suffragio nasce su ispirazione di un rito bizantino che celebrava infatti tutti i morti, il sabato prima della domenica di Sessagesima - così chiamata prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II -, ossia la domenica che precede di due settimane l'inizio della quaresima, all'incirca in un periodo compreso fra la fine di gennaio ed il mese di febbraio. Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all'abate benedettino Sant'Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1 novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l'eucaristia sarebbe stata offerta "pro requie omnium defunctorum". Successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica.
Nei paesi dell'America Centrale è consuetudine, oltre a visitare i cimiteri, addobbare le tombe con fiori, oltre che depositare sulle stesse giocattoli (nel caso in cui il defunto sia un bambino) o alcolici. In Messico, in alcune abitazioni, è ancora consuetudine preparare l'altare dei morti: tale manufatto viene arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso. Ciò in quanto il credo popolare pensa che, durante tale giorno, lo spirito dei defunti venga a trovare i loro cari e questo altare avrebbe il compito di favorire tale ritorno. Nelle Filippine è consuetudine abbellire le tombe dei propri cari, oltre che offrire preghiere per tutti i defunti.
In Italia è consuetudine, nel giorno dedicato al ricordo dei defunti, visitare i cimiteri locali e portare in dono fiori sulle tombe dei propri cari. In molte località italiane è diffusa l'usanza di preparare alcuni dolciumi, chiamati infatti “dolci dei morti”, per celebrare la giornata.
In Sicilia durante la notte di Ognissanti la credenza vuole che i defunti della famiglia lascino dei regali per i bambini insieme alla frutta di Martorana e altri dolci caratteristici. Nella provincia di Massa Carrara la giornata è l'occasione del “bèn d'i morti”, con il quale in origine gli estinti lasciavano in eredità alla famiglia l'onore di distribuire cibo ai più bisognosi, mentre chi possedeva una cantina offriva ad ognuno un bicchiere di vino. Ai bambini veniva inoltre messa al collo la sfilza, una collana fatta di mele e castagne bollite. Nella zona del monte Argentario era tradizione cucire delle grandi tasche sulla parte anteriore dei vestiti dei bambini orfani, affinché ognuno potesse metterci qualcosa in offerta, cibo o denaro. Vi era inoltre l'usanza di mettere delle piccole scarpe sulle tombe dei bambini defunti perché si pensava che nella notte del 2 novembre le loro anime (dette angioletti) tornassero in mezzo ai vivi.
Nelle comunità dell'Italia meridionale dell'Eparchia di Lungro e dell'Eparchia di Piana degli Albanesi si commemorano i defunti secondo la tradizione orientale di rito greco-bizantino e le celebrazioni vengono effettuate nelle settimane precedenti la Quaresima. In Abruzzo, conformemente a quanto avviene nel mondo anglosassone in occasione della festa di Halloween, era tradizione scavare e intagliare le zucche e porvi poi una candela all'interno per utilizzarle come lanterne. A Castel San Giorgio, nel salernitano, presso il civico cimitero San Giovanni Paolo II, dal 2010 è diventata oramai consuetudine per la ricorrenza dei defunti del 2 novembre, dopo aver deposto la tradizionale corona di alloro e la corona bianca per i fanciulli volati in cielo prematuramente, organizzare nell'area antistante la Chiesa il concerto di  musica sacra presentato dalla Corale Polifonica della città, al quale con emozione ed entusiasmo assistono migliaia di cittadini. A Treviso si ricorre mangiando i delle focacce particolari chiamate “i morti vivi”.

sabato 1 novembre 2014

Arriva in Sede, una mattina presto. La testa bassa, lo sguardo spento di chi ha annullato anche l’ultimo pezzetto di dignitoso orgoglio affondandolo dentro la disperazione.


uomo-triste

“Ho 39 anni, sono ammalato di SM da 8 anni. Il neurologo che mi ha in cura mi prescrive ansiolitici e tranquillanti in attesa di visionare la risonanza magnetica che ho prenotato mesi fa all’Asl di zona.
Sono disoccupato da due anni, la mia azienda mi ha licenziato. Ai colloqui di lavoro, quando accenno alla mia malattia, mi dicono tutti “le faremo sapere”. Poi silenzio per sempre.
Con la nuova Legge di Stabilità, siccome non ho 40 anni, non ho più diritto alla mobilità.
Ho una moglie e due figli. Il più piccolo, 3 anni, soffre di tetraparesi spastica e necessita di cure e fisioterapia continue. L’Ospedale della mia città me l’ha rifiutato dicendomi di portarlo ad un centro clinico che dista più di 60 km. tra andata e ritorno.
Ho dovuto vendere l’automobile perché non potevo né mantenerla né guidarla. A causa della mia malattia, e della mia situazione famigliare, ho anche continue crisi di panico.
Alcuni amici, vicini di casa, e qualche parente si offre di accompagnare mia moglie e il bimbo a fare le terapie. Ma non so per quanto ancora.
Anche il bambino più grande soffre di disturbi legati a disabilità comunicative e necessita di riabilitazione.
Non pago l’affitto da mesi, perché non ho i soldi e ho ricevuto lo sfratto.
Ho bussato a tutte le porte. Tutti mi promettono di interessarsi al mio caso, poi…..il nulla.
Sono qui da voi, ma mi vergogno di esserci.
Scusate, ora devo uscire, camminare, sento che sto per avere un’altra crisi”.



Non riesco a parlare. Solo a pensare che questo uomo-ragazzo ha l’età di mio figlio.
Quasi mi vergogno di essere sana.
E’ tutto il giorno che penso…devo fare qualcosa…devo fare qualcosa…devo fare qualcosa…
Ora lo so.



Tre giorni dopo:


- Pronto, parlo col signor…..? Sono Francesca dell’AISM. Dovrei vederla, devo consegnarle qualcosa.


- Si, sono io, ma adesso sono in Ospedale per la terapia. A casa c’è mia moglie, se vuole può suonare il campanello e consegnare a lei.


– Ecco, per voi. Scusate, è poco ma non potevo pensare a quei bambini…no.. Devo andare.


Grazie, grazie infinite. Lei è un angelo, non sappiamo come ringraziarla.


– No..no.. non ringraziate me, io non ho fatto nulla. Ringraziate un  benefattore, per voi resterà uno sconosciuto, ma ha un cuore grande così.


con-il-cuore

E scappo via perchè non si veda la lacrima che spezzerebbe il loro sorriso.


francesca (3)
  1. Non riesco a scrivere i sentimenti che provo leggendo questa storia, che poi è la vita vissuta di un ammalato sfortunato, perchè oltre a lui ci sono i figli.
    Non ci voglio pensare cosa prova dentro questo signore, la forza che lui tiene gliela danno i suoi bambini, è una malattia per le persone che hanno soldi, vedi calciatori che possono farsi aiutare e pubblicizzare la loro malattia non chiedono l’elemosina come quel padre disperato.Mi ricordo che 2 anni fa erano con le loro carozzelle a protestare per avere aiuti dal governo.Vergogna !!!!!!!!!!!!
    Giuro che non sono razzista ma quando vedo che vengono mantenuti tanti emigranti e i nostri muoiono un pensierino permettete l’ho fatto.
    Si va in piazza per un pezzo di pane, si và in piazza perchè non hai assistenza, insomma la nostra casa è diventata la piazza, dove pure prendi le manganellate.
    sono solo capace a fare i ridicoli con i gavettoni e basta, a quanto a soldi ne hanno raccolti molto pochi. poveri ammalati di sla
    Ecco chi non fa pubblicità ha fatto del bene a questo grande signore, che so per certo lui pensa alla sua famiglia,
    Io vorrei tanto che questa vita vissuta fosse di esempio a tanti arroganti, vanitosi, egoisti, presuntuosi, avari di sentimento, e avari di denaro, a donne e uomini meschini di sentimento.
    Ma sono certa che si legge e poi tutto si dimentica, così è la vita

lunedì 13 ottobre 2014

mercoledì 17 settembre 2014


LA VILLA

Benvenuto a Villa del Principe, la più vasta e sontuosa dimora nobiliare della città diGenova, la Villa dell’unico Principe che Genova abbia mai avuto. Era il 1529 quandoAndrea Doria, valente ammiraglio e uomo d’armi leggendario, diede il via ai lavori che avrebbero portato alla costruzione di questo meraviglioso palazzo affacciato sulGolfo di Genova. Questo sarebbe divenuto il luogo di pace al rientro dai suoi innumerevoli viaggi e la dimora prescelta per i suoi successori: la famiglia Doria Pamphilj. Qui, durante le sue visite ufficiali sarebbe stato ospitato l’imperatore Carlo V, lo stesso dal quale Andrea Doria era riuscito ad ottenere l’indipendenza di Genovadall’impero, divenendo di fatto il signore della città.
In questa villa, insieme alla sposa Peretta Usodimare, Andrea Doria diede vita ad una grande corte rinascimentale, di cui fecero parte artisti come il magnifico Perino del Vaga, che si occupò della decorazione e degli arredi di gran parte delle sale. La Villavenne poi ampliata dal successore di Andrea, Giovanni Andrea I Doria, con il quale raggiunse il suo massimo splendore. Oggi Villa del Principe è un museo pieno di tesori nascosti. Per rivivere i suoi fasti basta percorrere le sue stanze, meravigliandosi di fronte ai suoi splendidi affreschi e agli incredibili arazzi. Non indugiare oltre. Vieni a scoprire la meraviglia del rinascimentali
cosa vado a vedere domenica La Grotta Doria fu costruita dall'architetto Galeazzo Alessi intorno al 1550, su commissione del Capitano di flotta Erasmo Doria Galleani, ed era originariamente composta da un vestibolo che permetteva di accedere ad una sala ottagonale riccamente decorata: sulle pareti si alternano vasche con delfini e ninfei con stalattiti, oltre a presentare delle scene che raffigurano le divinità impersonanti il Nilo ed il Tevere.
Scorci della Grotta Doria - Foto di Antonio Figari
Scorci della Grotta Doria – Foto di Antonio Figari
Il soffitto è ancora più spettacolare: gli otto spicchi che lo compongono raccontano scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio.
Soffitto della Grotta Doria - foto di Antonio Figari
Soffitto della Grotta Doria – foto di Antonio Figari
Sia le pareti che il soffitto erano interamente ricoperti di piccole maioliche, conchiglie, coralli, cristalli e frammenti di stalattiti naturali, sistemati in modo da rappresentare splendide scene mitologiche .
Le pareti della Grotta
Le pareti della Grotta
Per visitare questo splendido luogo, è possibile prendere appuntamento rivolgendosi direttamente alla segreteria della Villa del Principe.a nelle giornate della cultura Europea

sabato 13 settembre 2014

Frida e Diego


Falce, martello e quadri d'amore. Frida e Diego tra arte e politica






Falce, martello e quadri d'amore. Frida e Diego tra arte e politica
Diego e Frida ritratti da Martin Munkacsi (1934) 
È la leggenda di un amore che non si spezza, che continua al di là di liti, rancori, tradimenti. E' la storia di una passione in comune, la politica, nel Messico dei primi anni del Novecento. È il ricordo di due artisti, assolutamente diversi per ispirazione e espressione, che diventano famosi. È, soprattutto, il tormentato cammino di una donna spregiudicata, forte, anticonformista in un mondo dove la morale domina.

E dove lei sceglie di combattere disgrazie e malasorte con lo stessa rabbia potente che mette in politica: a viso aperto. Sono loro, Frida Kahlo e Diego Rivera, i protagonisti della mostra che si aprirà il 20 settembre a Palazzo Ducale e resterà a Genova fino all'8 febbraio del prossimo anno, evento di artistica rarità perché i quadri di Frida o ancor più quelli di Rivera non girano spesso e molto per musei o gallerie. Evento che già è diventato importante, perché tra prevendite e prenotazioni si arriverà a quota 10.000 per l'apertura della mostra. La leggenda di Frida e Diego Rivera, in realtà non ha nulla di fiabesco o immaginifico, è molto terrena, condita di passione che sconfina dai sentimenti alla politica, al comunismo del Messico prima e dopo la rivoluzione del 1910.

Frida ha 3 anni, è nata il 6 luglio del 1907, a Coyocan, Diego Rivera quasi venti, è nato l'8 dicembre del 1886. Frida è una bimba di sette anni quando i primi problemi di salute si fanno sentire, forse è nata con una malformazione, nulla, comunque la fermerà. Incontra Diego Rivera nel 1922, è una studentessa, lui, artista già noto, sta lavorando a uno dei suoi murales. Il 1923 per Frida segna la sua amicizia con la fotografa Tina Modotti. Due anni più tardi, nel 1925, l'incidente che la segnerà per sempre. Frida è a bordo di un tram che ha un incidente, un'asta di metallo le trapassa il corpo da una parta all'altra. Inizia la sua altra vita, la battaglia per riuscire a camminare ancora, al di là del dolore, contro dolore. 

Prima, però, ci sono i mesi in ospedale, la lunga convalescenza, il periodo che segna la nascita di un'artista. Frida Kahlo incomincia a dipingere. Tre anni dopo sceglie di entrare nel partito comunista, incontra Rivera i due si innamorano, il 21 agosto del 1921 si sposano, lei lo accompagna negli Stati Uniti, abortisce due volte. Un dramma che ricorderà, con cruda drammaticità, nelle sue tele. Tornati in Messico, Frida scopre che Diego ha una relazione con sua sorella, Cristina, choccata smette di dipingere, lo lascia, torna negli Stati Uniti, alla fine, però, i due si riconciliano. Intanto, grazie alla mediazione di Rivera, Lev Trotzkij e la moglie trovano asilo in Messico, sono ospiti a casa dei genitori di Frida con cui il rivoluzionario russo avrà una breve relazione, in risposta alle molte altre di Rivera.

Mentre l'Europa sta per essere sconvolta da Hitler e dalla guerra, Frida espone a Parigi, ormai artista internazionale, che nei suoi autoritratti porta il realismo di chi non concede nulla a se stessa. Si ritrae con la peluria nera che le incornicia il labbro e le sopracciglia folte e unite, circondata "da una collana di spine e colibrì" o con il volto del marito incastonato sulla fronte. I due divorziano poi si risposano, mentre Frida è incalzata dal dolore, deve subire più operazioni alla schiena, un'amputazione parziale della gamba destra, sempre più spesso è costretta a stare a letto. E se lei riversa il suo io, il suo percorso di donna e di artista, nei dipinti, Diego si esprime all'opposto: crede in un'arte che parli al popolo per coinvolgerlo e educarlo. Frida muore nel 1954, Diego Rivera non si riprenderà mai del tutto. La loro leggenda è il filo della mostra: 130 opere, storia d'arte e di vita

sabato 23 agosto 2014

al santuario dei cetacei

Insieme ai miei nipotini Giulia di 9 anni (la milanese) e Diego di 7 e mezzo, partiamo per una gita in mare: l’avvistamento dei cetacei nel mar Ligure, verso ponente, nel cuore del Santuario dei Cetacei.

Pranzo al sacco, zaino in spalla, come due marmotte felici, ridevano e cantavano.
Ci siamo imbarcati al Porto Antico, sulla motonave Azzurra come il cielo di quel giorno e un sole spendente, i miei nipotini si guardavano attorno, era la prima volta che salivano su una nave, leggevo nei loro occhi curiosità e paura.

Si salpa la prua prende il largo e piano piano la città sparisce, siamo al largo solo cielo e mare
Dagli altoparlanti si sente una voce che ti da il ben venuto a bordo, si presenta è la biologa che ti farà una presentazione di cosa andremo a vedere, ti invita ad entrare sotto coperta dove sono collocati dei video sui cetacei.


il biologo marino spiega

Ma il bello era vederli dal vivo e noi li aspettavamo.
La nave andava veloce e noi che eravamo seduti ci voleva tutta, a non cadere
Avevano diviso la nave come fosse un orologio, la prua era le 12 perciò a destra era ore pomeridiane, a sinistra ore mattutine.
Questo perchè dalla cabina di comando che era il posto più alto della nave, dove la visuale era a 360 gradi  ti indicavano dove erano i cetacei, noi dovevamo spostarci secondo la direzione dell’ora.

Siamo in alto mare solo cielo e acqua , Diego mi guarda io l’abbraccio capisco ha paura, Giulia la devo tenere a freno.
Ecco un grido generale Eccoli! Eccoli!
La guida biologa ci dice “sono stenelle” sempre della famiglia dei delfini, simili nell’aspetto, dal corpo snello e slanciato.
Il bello che non era sola dietro di lei tanti piccoli, che mamma!
Altri surf-avano sulle onde regalando uno spettacolo.
Eccolo!!!!!!!!!!!! è lui il delfino ore 9 e tutti corriamo che meraviglia, saltava e si lasciava cadere di schiena, mandava dei gridolini e i miei nipotini cercavano di imitarlo.

La nave si ferma e noi gustiamo lo spettacolo ancora più bello 2 balenottere e infine un capodoglio; è stato emozionante perchè gli animali si sono visti nella loro grandezza, ma sopratutto non dimenticherò il rumore del loro respiro, perchè credevo che non fosse possibile sentirlo così bene.

Le immagini di quelli animali rimarranno sempre nella mia memoria e per questo devo ringraziare la biologa e tutto l’equipaggio.
Giulia e Diego, scesi a terra, camminavano con le gambe larghe come i vecchi lupi di mare.
Ma la giornata non è finita dopo 5 ore di navigazione ora si prende la metrò la più piccola che esiste in Europa, anche questa per loro è una novità.

Bimbi che vanno sempre in macchina ho voluto far provare l’emozione del treno, ed allora forza ragazzi si parte in treno, “ma nonna io sono stanca” questa la voce di Giulia (la comoda) Diego tace e cammina.
Mare, metrò, treno, bus, tutto in un giorno; alla sera erano stracotti, ma felici. Doccia e nanna, non hanno voluto mangiare.
Prima di chiudere gli occhi un bacio alla nonna e un grazie per la bella giornata.

Tursiope (Tursiops truncatus)
Lunghezza massima: 3 metri circa
Colorazione generale: grigio scuro
Bocca: distinta
Pinna dorsale: aguzza
Profilo: tozzo
Delfino costiero

Capodoglio (Physester catodon)
Lunghezza massima: 16 metri circa
Colorazione generale: grigio scuro
Testa: di grosse dimensioni
Pinna dorsale: forma una cresta ondulata verso la coda
Soffio: obliquo anteriore verso sinistra

Delfino comune (Delphinus delphis)
Lunghezza massima: 2 metri circa
Colorazione generale: il dorso è grigio scuro, il ventre di colore bianco. Sui fianchi è presente un peculiare disegno a clessidra, la cui parte anteriore è di color crema.
Pinna dorsale: medie dimensioni, triangolare con una leggera falcatura.
Profilo: tozzo




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Avarizia e Amore


Ho letto che l’avarizia è una malattia ed incontrare un avaro è come incontrare un malato inguaribile, perché l’avaro che non è consapevole di esserlo, bensì crede che sia un valore……….
Un avaro che risparmia su tutto, malgrado le sue possibilità economiche, è avaro anche in amore.
Sono persone con una mente ristretta, perché l’avarizia porta anche al risparmio mentale.
A volte penso ……..  ma tutto questo risparmio, accatastare soldi dove credono di portarseli…  anche dentro la bara?
L’amore però è cieco, quindi il fatto di innamorarsi di un avaro, sulle prime potrebbe essere cosa di poco conto.
In fondo l’amore non bada a spese, ma state tranquilli l’avaro sì, ci bada…
Si dice che noi genovesi abbiamo il braccino corto, ma questo signore era un piemontese di Alessandria.
Nel mio racconto vi parlo di una storia che io ho vissuto con un avaro.

L’incontro è stato casuale, in un supermercato alla cassa, lo sguardo è stato malandrino, il volto parlava per noi.
Un bel signore, con aspetto molto giovanile, distinto, con giacca e cravatta, mi garbava ed io non sapevo come attaccare bottone.
Ho fatto cadere per terra una scatola della pasta, lui si abbassa prontamente a raccoglierla e nel porgerla mi sfiora la mano… di proposito.
Quel contatto ha fatto vibrare di piacere il mio corpo, ma non sapevo a che cosa andavo incontro…
Aveva il potere di saper parlare erudito, mi piaceva ascoltarlo, sapeva molte cose ed io, curiosa del sapere come sono, ero incantata.
Era un ex direttore di banca, vedovo, con figli sposati.
Non nascondo che ci ho fatto un pensierino.
Era un provetto ballerino di liscio, tutti ci guardavano, specialmente quando si ballava il tango, mi aveva insegnato a farlo con i passi.
I primi tempi mi sentivo donna indipendente, quando lui, davanti alla cassa, mi porgeva la mano aperta, segno che io dovevo pagarmi il biglietto.
La vergogna veniva dopo che nascondeva il cappotto per non pagare il guardaroba, finché il proprietario glielo fece notare.
Lì non ti offriva il caffè, dovevi uscire, solo in un Cral di anziani perché costava 20c di meno.
Mai in macchina, si usava sempre il bus ed ognuno si pagava il suo biglietto.
Il bello viene quando c’è l’aumento di questo, il suo suggerimento “si va a piedi”.
Avaro dentro, godereccio fuori!
Gli piaceva mangiare e io cretina lo invitavo.

Una volta, per contraccambiare il mio pranzo è arrivato con dei fiori, certo mi sono meravigliata, ma non sapevo che li aveva presi alla vicina, nel suo giardino, solo dopo che questa mi disse “hanno rubato dei fiori”.
Il colmo della sua avarizia “Ti porto a cena fuori, ma andiamo da un amico che mi fa lo sconto”
Quando penso a lui mi tornano alla mente i panni stesi al sole lavati dalle nostre nonne che usavano il sapone di Marsiglia, era l’unico sapone che usava, sì perché un pezzo dura anche un anno.
Ma la mia rabbia era che era benestante, ma mentalmente un poveraccio.
Non so come ho fatto con il mio carattere a uscirci per un mese.
L’esistenza quotidiana con una persona avara diventa opprimente, deludente, priva di luce.

IL COLMO DELL’AVARIZIA

L’avarizia è uno dei peggiori difetti dell’uomo, è anche uno dei peccati capitali.
Io, che di natura sono generosa, mi stavo perdendo in un inferno, sperando in un cambiamento, ma come si nasce si muore.
Per fortuna il mio buon senso è prevalso ed ho messo alla porta, felice di averlo fatto, quel signore distinto, ma avaro.
Un consiglio a tutte le donne:  povero in canna, ma con il cuore grande!