sabato 23 agosto 2014

al santuario dei cetacei

Insieme ai miei nipotini Giulia di 9 anni (la milanese) e Diego di 7 e mezzo, partiamo per una gita in mare: l’avvistamento dei cetacei nel mar Ligure, verso ponente, nel cuore del Santuario dei Cetacei.

Pranzo al sacco, zaino in spalla, come due marmotte felici, ridevano e cantavano.
Ci siamo imbarcati al Porto Antico, sulla motonave Azzurra come il cielo di quel giorno e un sole spendente, i miei nipotini si guardavano attorno, era la prima volta che salivano su una nave, leggevo nei loro occhi curiosità e paura.

Si salpa la prua prende il largo e piano piano la città sparisce, siamo al largo solo cielo e mare
Dagli altoparlanti si sente una voce che ti da il ben venuto a bordo, si presenta è la biologa che ti farà una presentazione di cosa andremo a vedere, ti invita ad entrare sotto coperta dove sono collocati dei video sui cetacei.


il biologo marino spiega

Ma il bello era vederli dal vivo e noi li aspettavamo.
La nave andava veloce e noi che eravamo seduti ci voleva tutta, a non cadere
Avevano diviso la nave come fosse un orologio, la prua era le 12 perciò a destra era ore pomeridiane, a sinistra ore mattutine.
Questo perchè dalla cabina di comando che era il posto più alto della nave, dove la visuale era a 360 gradi  ti indicavano dove erano i cetacei, noi dovevamo spostarci secondo la direzione dell’ora.

Siamo in alto mare solo cielo e acqua , Diego mi guarda io l’abbraccio capisco ha paura, Giulia la devo tenere a freno.
Ecco un grido generale Eccoli! Eccoli!
La guida biologa ci dice “sono stenelle” sempre della famiglia dei delfini, simili nell’aspetto, dal corpo snello e slanciato.
Il bello che non era sola dietro di lei tanti piccoli, che mamma!
Altri surf-avano sulle onde regalando uno spettacolo.
Eccolo!!!!!!!!!!!! è lui il delfino ore 9 e tutti corriamo che meraviglia, saltava e si lasciava cadere di schiena, mandava dei gridolini e i miei nipotini cercavano di imitarlo.

La nave si ferma e noi gustiamo lo spettacolo ancora più bello 2 balenottere e infine un capodoglio; è stato emozionante perchè gli animali si sono visti nella loro grandezza, ma sopratutto non dimenticherò il rumore del loro respiro, perchè credevo che non fosse possibile sentirlo così bene.

Le immagini di quelli animali rimarranno sempre nella mia memoria e per questo devo ringraziare la biologa e tutto l’equipaggio.
Giulia e Diego, scesi a terra, camminavano con le gambe larghe come i vecchi lupi di mare.
Ma la giornata non è finita dopo 5 ore di navigazione ora si prende la metrò la più piccola che esiste in Europa, anche questa per loro è una novità.

Bimbi che vanno sempre in macchina ho voluto far provare l’emozione del treno, ed allora forza ragazzi si parte in treno, “ma nonna io sono stanca” questa la voce di Giulia (la comoda) Diego tace e cammina.
Mare, metrò, treno, bus, tutto in un giorno; alla sera erano stracotti, ma felici. Doccia e nanna, non hanno voluto mangiare.
Prima di chiudere gli occhi un bacio alla nonna e un grazie per la bella giornata.

Tursiope (Tursiops truncatus)
Lunghezza massima: 3 metri circa
Colorazione generale: grigio scuro
Bocca: distinta
Pinna dorsale: aguzza
Profilo: tozzo
Delfino costiero

Capodoglio (Physester catodon)
Lunghezza massima: 16 metri circa
Colorazione generale: grigio scuro
Testa: di grosse dimensioni
Pinna dorsale: forma una cresta ondulata verso la coda
Soffio: obliquo anteriore verso sinistra

Delfino comune (Delphinus delphis)
Lunghezza massima: 2 metri circa
Colorazione generale: il dorso è grigio scuro, il ventre di colore bianco. Sui fianchi è presente un peculiare disegno a clessidra, la cui parte anteriore è di color crema.
Pinna dorsale: medie dimensioni, triangolare con una leggera falcatura.
Profilo: tozzo




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Avarizia e Amore


Ho letto che l’avarizia è una malattia ed incontrare un avaro è come incontrare un malato inguaribile, perché l’avaro che non è consapevole di esserlo, bensì crede che sia un valore……….
Un avaro che risparmia su tutto, malgrado le sue possibilità economiche, è avaro anche in amore.
Sono persone con una mente ristretta, perché l’avarizia porta anche al risparmio mentale.
A volte penso ……..  ma tutto questo risparmio, accatastare soldi dove credono di portarseli…  anche dentro la bara?
L’amore però è cieco, quindi il fatto di innamorarsi di un avaro, sulle prime potrebbe essere cosa di poco conto.
In fondo l’amore non bada a spese, ma state tranquilli l’avaro sì, ci bada…
Si dice che noi genovesi abbiamo il braccino corto, ma questo signore era un piemontese di Alessandria.
Nel mio racconto vi parlo di una storia che io ho vissuto con un avaro.

L’incontro è stato casuale, in un supermercato alla cassa, lo sguardo è stato malandrino, il volto parlava per noi.
Un bel signore, con aspetto molto giovanile, distinto, con giacca e cravatta, mi garbava ed io non sapevo come attaccare bottone.
Ho fatto cadere per terra una scatola della pasta, lui si abbassa prontamente a raccoglierla e nel porgerla mi sfiora la mano… di proposito.
Quel contatto ha fatto vibrare di piacere il mio corpo, ma non sapevo a che cosa andavo incontro…
Aveva il potere di saper parlare erudito, mi piaceva ascoltarlo, sapeva molte cose ed io, curiosa del sapere come sono, ero incantata.
Era un ex direttore di banca, vedovo, con figli sposati.
Non nascondo che ci ho fatto un pensierino.
Era un provetto ballerino di liscio, tutti ci guardavano, specialmente quando si ballava il tango, mi aveva insegnato a farlo con i passi.
I primi tempi mi sentivo donna indipendente, quando lui, davanti alla cassa, mi porgeva la mano aperta, segno che io dovevo pagarmi il biglietto.
La vergogna veniva dopo che nascondeva il cappotto per non pagare il guardaroba, finché il proprietario glielo fece notare.
Lì non ti offriva il caffè, dovevi uscire, solo in un Cral di anziani perché costava 20c di meno.
Mai in macchina, si usava sempre il bus ed ognuno si pagava il suo biglietto.
Il bello viene quando c’è l’aumento di questo, il suo suggerimento “si va a piedi”.
Avaro dentro, godereccio fuori!
Gli piaceva mangiare e io cretina lo invitavo.

Una volta, per contraccambiare il mio pranzo è arrivato con dei fiori, certo mi sono meravigliata, ma non sapevo che li aveva presi alla vicina, nel suo giardino, solo dopo che questa mi disse “hanno rubato dei fiori”.
Il colmo della sua avarizia “Ti porto a cena fuori, ma andiamo da un amico che mi fa lo sconto”
Quando penso a lui mi tornano alla mente i panni stesi al sole lavati dalle nostre nonne che usavano il sapone di Marsiglia, era l’unico sapone che usava, sì perché un pezzo dura anche un anno.
Ma la mia rabbia era che era benestante, ma mentalmente un poveraccio.
Non so come ho fatto con il mio carattere a uscirci per un mese.
L’esistenza quotidiana con una persona avara diventa opprimente, deludente, priva di luce.

IL COLMO DELL’AVARIZIA

L’avarizia è uno dei peggiori difetti dell’uomo, è anche uno dei peccati capitali.
Io, che di natura sono generosa, mi stavo perdendo in un inferno, sperando in un cambiamento, ma come si nasce si muore.
Per fortuna il mio buon senso è prevalso ed ho messo alla porta, felice di averlo fatto, quel signore distinto, ma avaro.
Un consiglio a tutte le donne:  povero in canna, ma con il cuore grande!

Cara Francesca tu non sai quale emozione ha risvegliato in me il tuo bellissimo viaggio.

Si anch’ io sono stata in Norvegia, non da turista ma da operaia del baccalà.

Il mio racconto inizia nel lontano 1955. Io allora avevo 16 anni ed ero in cerca di lavoro.

Mi recai all’Ufficio di Collocamento, dove si diceva che nella Darsena del porto di Genova cercavano operaie
stagionali per la lavorazine del baccalà”. Ci fu un fuggi-fuggi generale, ma io non scappai e mi presentai. Mi dissero: “Allora domani mattina vai in Darsena”.

La Darsena di Genova
La Darsena di Genova

Nata e vissuta a Genova non ero mai entrata in Porto; era pieno di uomini che, spesso, manifestavano la loro volgarità, e ciò succedeva anche al mio passaggio. Erano i Camalli (scaricatori) del porto. Uomini col gancio nella tasca posteriore dei pantaloni. Serviva loro per scaricare i sacchi di frumento o le balle di cotone.

I Camalli
I Camalli

La Darsena si trovava dove attualmente c’è il Museo del Mare. Lì vi erano dei grandi magazzini alimentari e al molo vi attraccavano i pescherecci.
Non ebbi bisogno di informazioni nè di indirizzo per trovare il luogo in cui avrei dovuto svolgere il mio lavoro. L’odore penetrante del baccalà mi fece da batti-strada.
Un omone tipo Mangiafuoco di Pinocchio, con una cadenza ultra genovese, mi accolse ed io iniziai la giornata.

Il lavoro era stagionale, si lavorava a cottimo, e per mesi non vidi la luce del giorno. Entravo al mattino alle 6 ed uscivo alla sera alle 18. Era inverno, il magazzino si trovava al fondo ed era totalmente privo di finestre.
Il mio lavoro consisteva nello spellare i baccalà e fare i filetti per poi confezionare le cassette e spedirle in tutto
il mondo.

Ricordo quell’odore impregnante che mi rimaneva sempre addosso, anche se mi lavavo a più non posso puzzavo sempre come un baccalà. Come mi avvicinavo a qualcuno,  si allontanavano tutti da me, soprattutto i ragazzi.
Ma ce n’era uno che non scappava, era il figlio del padrone. Lui mi faceva una corte spietata ma a me non piaceva. Sembrava un Fantozzi, piccolo, grassottello con gli occhiali.
Il padre sapeva tutto e non gli dispiaceva affatto che il figlio mi corteggiasse. Ma io, a quell’età volevo l’amore con la A maiuscola.

Con mia grande sorpresa, un giorno il padre mi disse: “ti piacerebbe venire con noi in Norvegia a comprare il baccalà? Tu farai la cuoca a tutto l’equipaggio”.
Chiese il consenso di mio padre e si accordarono per una quota di 400mila lire. Parlo del 1955, a quell’epoca erano veramente soldoni!
Così, senza neppure rendermene conto, mi ritrovai ad essere l’unica donna in mezzo a 10 uomini, tra capitano, equipaggio, il mio pricipale e suo figlio.
L’ho paragonato a Mangiafuoco perchè il suo modo di fare era burbero ma il suo cuore era grande. Mi prese sotto la sua ala protettrice e guai a chi mi toccava.
Mi sentivo protetta vicino a lui e ha capito che i suoi soldi non mi interessavano.

peschereccio1942Giunse il giorno della partenza. Non ero mai salita a bordo di un peschereccio, era tutto nuovo per me.
Per prima cosa mi fu presentato il cuoco di bordo.

Che sollievo!!!!!!!!!!!!!!

Ho dovuto imparare presto il nuovo metodo di cucinare a bordo. Innanzitutto, per restare in equilibrio, si doveva lavorare con le gambe allargate. Si dovevano mettere panni bagnati sotto ogni oggetto per non farlo scivolare. Si lavorava 12 ore al giorno.
A questo modo non mi accorsi neppure del luogo in cui mi trovavo. Vedevo solo cielo e acqua.

Ma un giorno sentii la voce del padrone che, guardando con il cannocchiale, gridò “Bergen”.

BERGEN
BERGEN

Più tardi si attraccò al Porto. Uscii dal mio buco perchè volevo proprio vedere questa nuova terra.
Ma siamo a casa di Biancaneve! Tante casette colorate con la punta all’insù, che bello, ma è una favola !
La voce del padrone, purtroppo,  mi riporta subito alla realtà e mi ricorda che non sono una turista, ma una lavorante.
Si scende solo per comprare il baccalà e lo Stockfisch.
Lui sapeva dove andare. Raggiungiamo una collinetta, ci sono tanti filari, da lontano penso sia una collina di viti. Macchè, è lo Stockfisch “steso” ad asciugare.

Essiccazione stockfisch
Essiccazione stockfisch

Si compra il tutto e si ritorna a bordo. Il giorno dopo si riparte: destinazione Genova.

In maniera molto diversa anch’io ho messo piede in Norvegia.


Alba