L'alcolismo visto dalla parte della famiglia storia vera di una grande amica Enrica
Nel nostro paese si parla tanto di emergenza alcol e di allarme “sballo” fra i giovani,
ma nel concreto si fa davvero poco. La solita storia: troppe parole e pochi fatti. A
pagarne lo scotto non sono solo gli “schiavi dell’alcol”, ma tutti gli italiani che si
trovano a dover pagare – tra spese totali e sociali dovute all'abuso di alcol (mortalità,
perdita di produttività, assenteismo, disoccupazione, costi sanitari, etc.) – circa 53
miliardi di euro all'anno. Per intenderci questa cifra rappresenta ben il 3,5% del PIL
del 2010. In questo caso non fare costa più del fare.
A fronte di un milione e mezzo di alcolisti, in Italia appena 100 mila sono in
trattamento terapeutico. E di questi solo 23 mila assumono un farmaco. Eppure,
l’alcolismo è a tutti gli effetti una malattia cronica che “si può e si deve curare”,
(fonte web). Altre fonti invece, considerano l’alcolismo uno stile di vita, e nn una
malattia, se nn si beve nn si è malati, ma dipendenti un alcolista dipende dall'alcool -
Questo è quel che scrivono sui giornali, numeri, e parlano di costi, tutto viene
rapportato in cifre da chi studia il problema, le persone con il problema dell'alcol
sono solo dei costi che gravano sulla società. Ma il prezzo, il costo più grosso lo
pagano: l'alcolista e i suoi famigliari .
Non avendo mai bevuto non sono in grado di spiegare cosa spinga una persona,
a diventare dipendente da una sostanza o da più sostanze, forse per ognuno
la motivazione è diversa, è il percorso che porta poi al disastro più completo,
che è simile per tutti, indistintamente, le famiglie poi sono l'altra faccia della
medaglia,quella che ha visto e ha subito le brutture dell'alcol e della poca intelligenza
di chi avrebbe forse potuto capire.
Sono la vedova di un alcolista da dieci anni, e ho 52 anni, ma pur essendo io, astemia
da sempre, l'alcool ha lasciato su di me un solco che non si chiude, come una ferita
che non sanguina ma che fa ancora male, non voglio dire che vivo in funzione del
mio dolore, non sarebbe vero, perché ho comunque una vita di relazione, ma mi basta
poco, per tornare indietro, una frase, una semplice domanda che mi viene posta, o una
qualsiasi situazione vista in televisione, e non so per quale perverso meccanismo, mi
ritornano in testa determinate situazioni vissute .
La dipendenza da alcool, mi ha inizialmente fatto conoscere lo stato pietoso, di un
marito che torna a casa, e, se tutto va bene, va a letto lavandosi alla bene e meglio, io
provavo disgusto, perché non avrei mai pensato, che la persona che doveva crescere
e continuare un percorso di vita con me, era tutto fuorché quello, che io avrei voluto
Poi ci sono le dimenticanze e gli sbalzi di umore, bastava un niente per urtare la sua
suscettibilità, lui dimenticava, ma diceva che io, non gli avevo detto o che io, non
avevo fatto, e se mi permettevo di rispondere si arrabbiava e spaccava tutto quello
che gli capitava a portata di mano.
I miei figli sembravano dei cuccioli che non sapevano cosa fare e dove andare, mi
guardavano con quegli occhioni, mentre io, non sapevo cosa dire... se non " andiamo
in cameretta"… cercando di negare anche a me stessa la realtà oggettiva della
Ho provato più di una volta, a contattare le altre donne, mogli degli amici di mio
marito, che bevevano quanto il mio, ma minimizzavano, alcune negavano la
situazione, alcune si sono offese.
Ad una in particolare avevo proprio chiesto Ma come fai a non vedere? Non vedi che
non è mai in negozio, ma è al bar non vedi che le clienti vanno al bar a chiamarlo
per farsi servire? La sua risposta è stata questa " Io ubriaco non l'ho mai visto , è
sufficientemente adulto per arrangiarsi".
Ero proprio io che sbagliavo?, perché crearsi tanti problemi, perché insistere nel
voler un marito normale? Quante domande senza risposta... quanti pianti, e quante
Quante volte ritardava, la tensione mi causava dolori seri alle spalle ed al collo ero
rigidissima, ogni rumore che sentivo, le chiamate fatte al cellulare per lo più senza
risposta e allora andavo a prenderlo in questi bar, e ancora sento le risate sguaiate dei
suoi pseudo amici che poi lo prendevano in giro, mi chiamavano la Rottermaier, la
belva umana. Ho letteralmente implorato aiuto alla madre di mio marito ma, come
poi ho avuto modo di capire, la causa di tantissimi dei nostri problemi era lei, ed era
molto più comodo addossare ogni tipo di colpa a me, il figlio alcolista diventava la
mia vittima e il mio carnefice a seconda della loro comodità, io ero nervosa, non ero
una brava moglie, ero una povera donna.
Mi sono rivolta agli organi preposti, ma non essendo io, la persona con problemi da
alcol correlati,... non ho potuto fare molto, se non recarmi da sola al cento di aiuto e
ascolto della mia città dove mi insegnavano il modo di rapportarmi con lui, sopratutto
quando era ubriaco, ma non avevano riscontri effettivi perché lui che non frequentava
gli alcolisti anonimi e io avevo la sensazione di non essere creduta.
Ci sono state le botte, le umiliazioni, le corna, lo spreco totale del nostro denaro,
anche con donne di malaffare, mia figlia che piangeva, il mio piccolo che mi
chiedeva di continuo: cosa è successo? Mamma non sei felice? La vergogna di una
situazione simile ci ha spinto ad isolarci, mia figlia si vergognava, e mi sono ritrovata
sola piena di paure e di problemi.
Ci sono stati anche momenti in cui credevo di potercela fare, ma le mie illusioni
cadevano quasi subito.
Mio marito ha deciso di togliersi la vita. Io mi sono sentita prosciugata dentro e fuori,
le critiche nei miei confronti dopo la sua morte si sono sprecate .contrariamente al
mio solito modo di fare, ho reagito con talmente tanta rabbia che le cattiverie gratuite
pur facendomi male mi scivolavano via o almeno lo credevo, poi ne ho pagato lo
scotto tutto insieme, perché dovevo, prima o poi, elaborare tutto quello che mi è
successo, anche questi sono problemi da alcool-correlati.
Sono arrivata ad odiare chi regala una bottiglia di vino o nel pacco di Natale ci mette
panettone e spumante, un estremista contro l'alcool, forse una forma esagerata.
Tramite una cara amica ho conosciuto il CAT "la cuccuma" della mia città, mi piace
andarci, faccio delle corse, ma voglio andarci, non mi sento giudicata, alcune, delle
mie tante paure sembrano meno presenti. Mi spiace solo di non aver saputo prima
dell'esistenza di questo club, ma quel che è fatto è fatto mi è stato chiesto di scrivere
il mio pensiero e l'ho fatto, forse potrà essere di aiuto a qualcuno affinché non si lasci
sopraffare dalle paure.
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