giovedì 19 settembre 2013

Non metto foto e non voglio parlare dell'impresa che è stata anche troppo pubblicizzata della Concordia.
Mi è venuto in mente i suoi morti e specialmente una bimba di 5 anni  che la sua mamma piangerà per sempre 

Costa Concordia. La piccola Dayana  Arlotti è morta. Trovata vestita con l'abitino da sera, di quelli che le bimbe indossano solo nelle fiabe

Dayana Arlotti
I bambini vivono il contatto con il mondo in maniera diversa. Quando sono al di fuori della scuola materna tutto per loro è grande, tutto è a misura d'uomo e questo, a volte, li intimorisce. I bambini vivono le novità in maniera diversa, il timore di quanto non si conosce blocca le gambe e solo la sicurezza che può dare un padre riesce a far superare "il momento". Non è vero che i bambini di cinque anni vivono in modo leggero e spensierato. Quando entrano per la prima volta in mondi sconosciuti, e fuori dalla loro casa ogni mondo è sconosciuto, basta guardarli negli occhi per capire ciò che provano. Dayana Arlotti aveva cinque anni quando per la prima volta ha visto "il mostro stupendo", quel gigante del mare che la faceva sentire piccola piccola, quel gigante del mare che la invitava a salire promettendole sette giorni di giochi e felicità. Chissà i suoi occhi che forma avevano quando, una volta entrata all'interno del mostro fantastico, hanno visto il luccichio, i colori sgargianti della bellezza ruotarle attorno, invaderla e far di lei un nuovo colore. Chissà cosa ha provato quando la nave ha salutato la terra ferma con le sue mastodontiche trombe, chissà cosa ha provato quando l'ha sentita scivolare sull'acqua, leggera come se non avesse peso, ed ha visto le luci del porto allontanarsi sempre di più. Chissà dopo quanto tempo ha ritrovato un minimo di sicurezza interiore.

Chissà cosa ha pensato quando ha indossato quel bellissimo "abitino da sera" che la mamma le aveva acquistato per l'occasione, per il gran gala di bordo. Aveva cinque anni, e per una bimba di cinque anni i pizzi, i merletti, i fiocchi, le piroette che alzano la gonna, se immersi nei colori di una sala piena di musica e di allegria hanno il sapore dolce di una bella favola. Hanno il sapore di quelle bellissime favole che si ascoltano ad occhi semichiusi prima di addormentarsi, quelle che a Dayana facevano sognare i castelli ed i balli di Corte, quelle favole che fra qualche anno avrebbe letto da sola sui libri. Perché a cinque anni si sogna di imparare a leggere, di imparare a scrivere, di poter regalare ai propri genitori un foglio adornato di cuori in cui campeggi la scritta "Vi voglio bene".  

Chissà cosa ha pensato quando ha visto che tutti le sorridevano, che tutti si divertivano, che non solo lei era immersa nell'euforia di un viaggio speciale, un viaggio da vivere su un "mostro speciale", che non solo lei era parte di quella meravigliosa avventura. Chissà quante parole sono uscite dalla sua bocca, quante sillabe piene di stupore ha detto mentre, ormai sicura, viveva la sua favola accanto all'uomo più importante della sua vita. Di certo il suo volto lasciava trasparire tutto l'amore per quel padre che le stringeva la manina accompagnandola in quella magnifica esperienza e facendola sentire sicura... almeno fino a quando è accaduto quanto non doveva accadere. Chissà come ha vissuto l'urto, lo spostamento della nave, i piatti che cadevano, il buio improvviso e l'agitazione di chi le stava accanto. Chissà cos'ha pensato quando ha capito che il mondo si era inclinato, quando ha visto la tensione salire e la gente correre ed indossare quegli strani giubbotti arancioni. Chissà se ha visto le luci del Giglio ed ha pensato che, in fondo, la terra era ad un passo...

Chissà se si è tranquillizzata quando un ragazzo vestito da clown l'ha fatta giocare assieme ad altri bambini... giocare come se nulla stesse accadendo, giocare in maniera irreale con gli occhi e la mente rivolti all'esterno di quella sala. Chissà se mai ha pensato che presto sarebbe salita su una scialuppa. Una di quelle in cui tutti salivano, una di quelle in cui era salita la fidanzata del padre, separato, una di quelle in cui non c'era mai posto per lei... lei che sarebbe dovuta salire per prima. Chissà quanto ha pensato a sua madre, quanta voglia aveva di averla vicina. Sua madre che da riottosa, non volendo lasciarla partire, s'era dimostrata "buona" ancora una volta dandole il permesso di cavalcare quel mostro maledetto, quel mostro che si stava dimostrando incapace di restare in equilibrio sul mare. Chissà quanto ha pianto Dayana mentre seduta in un angolino del ponte quattro, avvolta e scaldata da un cappotto troppo grande per essere suo, aspettava il ritorno dell'uomo che amava. Chissà se ha sperato che qualcuno allungasse una mano amica. Chissà se ha sperato che due braccia la stringessero forte e la salvassero da quell'inferno inclinato. Chissà se si è chiesta il motivo per cui nessuno la portasse con sé... per cui nessuno la portasse in salvo.

Chissà se ha capito che non avrebbe più abbracciato sua madre, se ha capito che quel buio gelido e bagnato, inizialmente squarciato dalle pale degli elicotteri ma via via sempre più silenzioso, l'avrebbe tenuta con sè. Chissà se ha capito che non avrebbe più rivisto la luce del Sole. Chissà quanto ha sofferto prima di morire.

Dayana quindi non c'è più. Ora ne siamo certi. Il suo corpo, ancora vestito con il bellissimo abitino da sera regalatole dalla madre, di quelli che i bimbi indossano solo nelle fiabe, per quaranta giorni è rimasto immerso nell'acqua del mare, chiuso nel ponte quattro, quello delle scialuppe. Ed io mi schifo nel pensiero che nessuno l'abbia presa, pur anche con la forza se lei avesse voluto restare ad attendere il padre, e caricata su una scialuppa. Era una bimba di cinque anni per Dio! Una bimba che non aveva un autonomo potere decisionale, una bimba che forse aspettava solo di essere salvata, una bimba che non doveva in alcun momento rimanera da sola, abbandonata al suo destino. E quando una bimba muore a causa di un "rito cretino", di un comandante senza senno che non sa prendere nel momento giusto le giuste decisioni, di un equipaggio direttivo senza senno che non sa obbligare il suo comandate a fare quanto si deve fare, di una compagnia senza senno che ha dirigenti che nel momento del pericolo tergiversano, non si può solo piangere e pregare. 

Ma è anche troppo facile ora dare la colpa solo ad altri, ai comandanti ed all'equipaggio, quando la colpa è da suddividere in parti uguali anche fra tutti quegli uomini che presi dal panico hanno pensato solo a sé stessi, quelli che si sono spintonati e picchiati per salire per primi sulle scialuppe. Dayana non c'è più e fra qualche giorno l'opinione pubblica la dimenticherà. Ma nella mente di chi quella sera le è passato accanto lasciandola al suo destino, di chi ha visto i suoi occhi impauriti e se n'è andato, Dayana resterà per sempre...

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