martedì 31 gennaio 2012

i giorni della merla

La leggenda  dei tre giorni della merla  29  30  31  Gennaio
si perde nell'onda del tempo
I protagonisti di questa storia sono una famiglia di merli 
che con le sue piume bianche  per il tanto freddo
si ripararono sopra un ca-mignolo e divennero neri dal fumo
da quel momento i merli nascono neri
                        

a Genova votri nevica siamo a 0g ma i coraggiosi fanno il cimelio in mare

giovedì 26 gennaio 2012

Andrea Doria
Avevo scritto tanto tempo fa la mia vicenda vissuta da naufraga, in questi giorni  nefasti per i passeggeri della Concordia ho riprovato le sensazioni del passato.
                                       Ritorno alla vita 




Chi scrive è una nonna che ricorda la sua gioventù
Nel 1956 avevo 17anni, ma andiamo per ordine.
Sono nata e vissuta  a Genova città di mare 
molto spesso mi trovavo in porto a vedere e sognare i
famosi transatlantici.
Viaggiavo con la fantasia nel immaginare paesi lontani.
Per questo motivo quando su una locandina lessi che la 
"Società Italia"bandiva un corso per guardarobiera di bordo
non ci pensai due volte .
Anche se ho dovuto lottare con la famiglia ero minorenne.
Felice salpai da Genova diretta a New York
bella, bellissima la nave e tutti quei signori eleganti,
invece il laboratorio dove si lavava e stirava  per tutti  gli ufficiali,di bordo e la biancheria d'arredo(tovaglie ecc)e anche per i passeggeri se serviva 
era in fondo alla stiva, un caldo bestiale il mare lo vedevo solo dall'oblò, si lavorava 12ore al giorno
Per questo quella notte della collisione io non ho sentito il colpo 
dormivo come un sasso.
Solo la collega con voce terrorizzatami sveglio urlando
AFFONDIAMO!!!!!!!!!!!
In un baleno l'acqua  era già alta, era buio,mi sentivo trasportata, risucchiata, galleggiavo,sentivo urla, ho cercato di nuotare ma bevevo acqua amara, le onde erano alte poi non ricordo più nulla.
Mi dissero che si accorsero della mia presenza gettando i fari in mare pensavano fossi morta.
Invece la fibra forte ha resistito,ero solo ipotermica, mi portarono sulla nave che aveva fatto il disastro e mi curarono.
Lo sci ok subito non mi fa andare in mare oltre le mie ginocchia
come le persone della Concordia per tutta la vita di porti dietro il dramma 



 


Aurora boreale

L'aurora boreale è un fenomeno del sole in tempesta 
Le particelle emettono luce di varie lunghezza d'onda  
Il colore dipende dalla quota 
Verde-ossigeno, fino a 150miglia di altitudine
Rosso-ossigeno sopra a 150miglia di altitudine
Blu-azoto fino 60miglia di altitudine 
Viola-azoto oltre 160chilometri in quota 

Lo spettacolo del cielo Norgecese

lunedì 23 gennaio 2012

sono affascinata dall'astrologia

vi presento l'Italia di notte vista da un satellite
Recentemente  ho avuto la fortuna di entrare in un osservatorio astronomico 
di vedere il cielo e le sue stelle, mi è andata bene non vi erano nuvole 
Sirio è la prima stella della notte la più luminosa, questo mi ha affascinato mai tanto 
che penso di continuare a far parte Amici della luna 
vi rendo partecipi con video persi da youtube per ammirare le nostre meraviglie   

La Terra vista dal satellite

venerdì 13 gennaio 2012

CampoLigure

Castello dei Spinola a Campo ligure
C

La tela di Bernardo Strozzi

Sul borgo antico di Campo Ligure spicca il Castello, visibile anche dall’autostrada, restaurato e utilizzato per concerti e iniziative culturali. La sua struttura muraria esterna potrebbe risalire al XII-XIII secolo, mentre la torre è di epoca più recente. La famiglia Spinola ne fece la sentinella del borgo e della valle Stura. Nuovamente fortificato nel 1310, il castello fu abbandonato nel Settecento.

Entrando nel centro storico dalla via principale, a sinistra si incontra l’Oratorio dei Santi Sebastiano e Rocco, costruito nel 1647 in stile barocco. Tra le pitture conservate al suo interno, spicca il Martirio di San Sebastiano della scuola di Domenico Piola. Durante il periodo natalizio l’oratorio ospita un interessante presepe meccanizzato. Sulla piazza dedicata ai Martiri della Benedicta, posta tra la piazza principale e il castello, si nota l’Oratorio di Nostra Signora Assunta, citato per la prima volta in un documento del 1585. L’incendio appiccato al borgo dalle truppe genovesi e corse il 22 giugno 1600 danneggiò seriamente l’edificio come ricorda l’abate Luciano Rossi nel suo L’incendio di Campo. L’impianto seicentesco fu completamente ricostruito verso la metà del Settecento. Si provvide in particolare all’allestimento dell’altare maggiore e degli altari di San Gaetano e del Santissimo Crocefisso. Il primo conserva un gruppo ligneo policromo che rappresenta San Gaetano che riceve il Bimbo dalla Vergine e la secentesca statua lignea dell’Assunta di Ursino de Mari; il secondo un Crocefisso di scuola napoletana. Sulla piazza principale del centro storico si affacciano la Chiesa della Natività di Maria Vergine e Palazzo Spinola. La parrocchiale espone un dipinto di Bernardo Strozzi, pittore che potrebbe essere nato proprio a Campo Ligure. Edificato nella prima metà del XIV secolo dai marchesi Spinola e ampliato nel 1693, Palazzo Spinola si presenta con un’elegante facciata affrescata. Il ponte medievale che scavalca il torrente Stura fu realizzato nel IX secolo e articolato in quattro campate. Le frequenti alluvioni provocarono crolli e distruzioni, con successivi rifacimenti. L’ultima ricostruzione del ponte risale al 1841; la struttura attuale mantiene un’arcata originaria che presenta uno stile molto simile a quello originale. Proseguendo oltre il ponte e il Municipio, nella zona del cimitero, si trova l’ex Chiesa di San Michele Arcangelo, citata una prima volta in un documento del 1241. Il destino della chiesa, sorta sulle rive dello Stura, è legato agli umori del torrente: numerose alluvioni costrinsero a continui rifacimenti fino al XX secolo. Una prima testimonianza in tal senso cita un’inondazione del Trecento, a seguito della quale i restauri non furono ultimati prima del 1450. L’ultima ricostruzione è del 1939-41, a seguito del disastro causato dall’alluvione del 1935
Campo Ligure è famoso nel mondo per la sua manifattura della filigrana  

Lavorazione filigrana.avi

alcune foto scattate da mio fratello foto amatoriale dove si vede la Corsica da Genova in queste mattinate di limpidezza


sabato 7 gennaio 2012

Triora, borgo antico

Triora borgo delle streghe

Poco lontano da Imperia nella valle Argentina si trova il borgo delle streghe 
  • iIl nome
Deve la sua origine al latino tria ora, ovvero tre bocche: quelle del cerbero rappresentato nello stemma.
Secondo alcuni indica i tre fiumi alla cui confluenza si trova il territorio, secondo altri i tre prodotti principali (grano, castagna e vite) su cui si basava la sua economia.

La Storia

• XI-XII sec., appartenuto alla marca aleramica, e poi alla arduinica (ma di remotissime origini, sicuramente abitato dai Liguri prima della conquista romana), il borgo di Triora è un importante feudo della Contea di Ventimiglia. Dopo avere tentato invano di conquistarlo, la Repubblica di Genova lo acquista nel 1261. Grazie alla sua importanza strategica e militare, Triora diventa la IX Podesteria della Repubblica di Genova, a capo di un vasto territorio. In cambio, Genova avrà un alleato fedele nei secoli, che sosterrà sotto la sua bandiera numerose battaglie.
• 1405, dopo tanti anni di lealtà, la popolazione, vessata da pesanti tributi, si rivolta contro la casa madre genovese distruggendo quattro delle cinque fortezze (in seguito ricostruite). Tornato l'accordo con Genova, che Triora continua a rifornire di grano e di vino, il borgo stringe accordi anche con i paesi confinanti (solo con Briga sostiene una plurisecolare battaglia per la difesa dei pascoli).
• 1587-1589, sono gli anni del celebre processo alle streghe, che vede coinvolte alcune donne di Triora, culminato con cinque condanne a morte.
• 1625-71, nelle guerre fra i Savoia e Genova, il borgo fortificato riesce a resistere al nemico, mentre i paesi vicini sono dati alle fiamme.
• 1797-1820, con la proclamazione della Repubblica Ligure, Triora diventa capoluogo dell'VIII Cantone della giurisdizione degli Ulivi, e dal 1805 fino alla caduta di Napoleone (1814) appartiene alla Francia. Con le truppe napoleoniche arrivano i saccheggi delle chiese, l'abrasione degli stemmi nobiliari degli antichi palazzi, la cacciata dei padri agostiniani dal convento.
• 1815, Triora passa alla Casa Savoia, provincia di Nizza, e dal 30 marzo 1860 al Regno d'Italia.
• 1944, il tritolo dei tedeschi nei primi giorni di luglio distrugge interi quartieri, come quello storico del "Rizettu", contribuendo al progressivo spopolamento dell'antica e gloriosa Podesteria genovese, che oggi cerca un rilancio attraverso il turismo e le iniziative culturali dell'Associazione Pro Triora, custode delle memorie del luogo.

Tra i carruggi deserti alla ricerca della "bagiua".

"Accovacciata sui gradini d'ardesia di una casa-torre, una ragazza, avvolta in una calda mantella di lana...": viene in mente, passeggiando per Triora, il racconto di I. E. Ferrario ambientato in questo millenario borgo della splendida Valle Argentina, che fu teatro nel XVI secolo di uno dei più famosi processi alle streghe.
 Il vecchio borgo, per quanto in parte spopolato e ancora segnato dalle distruzioni operate dai tedeschi nel 1944, conserva un notevole fascino.
E ora che sono iniziate le ricostruzioni dei  palazzi che ne hanno fatto la storia (Capponi, Borelli e Stella), una nuova fase potrebbe aprirsi per il paese. Provate ad osservarne il profilo, di sera, dalla terrazza dell'albergo Colomba d'Oro. Se poi c'è la luna piena, la magia è assicurata.
A proposito di magia, molti sono i luoghi che sprigionano un senso ineffabile di mistero, un'adesione alle forze della natura.
La Cabotina innanzitutto, perché vedendone i ruderi non si può fare a meno di pensare a cosa succedeva lì dentro, al motivo che spingeva ragazze e  donne di Triora a recarsi lì dopo l'Ave Maria o a notte inoltrata.
Oppure si può salire al Monte delle Forche, un posto così bello dove doveva essere spiacevole morire guardando Triora dall'alto (qui, si racconta, cresceva la mandragora dal seme degli impiccati: una pianta da cui le bagiue ricavavano filtri per prolungare l'atto sessuale).
O ancora, si può salire al cimitero, "simile a un fortilizio destinato all'ultima difesa", ha scritto Bacchelli, perché ricavato dentro una delle cinque fortezze del luogo.

Passeggiare per il borgo, inoltrarsi dentro i carruggi, sotto volte e archi scavati nella roccia, negli antri scuri di case diroccate, è come tornare indietro nel tempo. Una sorta di sbigottimento medievale prende a percorrere tenebrosi portici, oscuri angiporti, gradinate, strade catacombali annerite dal fumo di secoli, da incendi saraceni o dal tritolo nazista. Riemergere al sole e alla luce brillante della Valle Argentina, è quasi una liberazione.   

Un'altra meraviglia a Triora sono i portali, da quello gotico (sec. XII) della Collegiata, a quelli dei palazzotti nobili, con i simboli delle casate discalpellati nel periodo post-rivoluzionario francese, con le architravi scolpite, i marmi abrasi, i bassorilievi su pietra nera o ardesia, e le sculture più affascinanti: agnelli mistici, monogrammi di Gesù, Annunciazioni, stemmi, addirittura, in una sovrapporta, un vegliardo con barba e, sul muro della parrocchia, un frate che tiene fra le dita della mano occhiali a molla. E' tutto un occhieggiare di segni del passato, di presenze sparite, di blasoni distrutti, di passi antichi che risuonano sul selciato di pietre levigate dall'uso.

Tra le emergenze architettoniche figurano: la Collegiata con il campanile tardo-gotico e con i suoi numerosi tesori, tra cui un Battesimo di Cristo del pittore senese Taddeo di Bartolo (1397) e un quadro su tavola del genovese Luca Cambiaso (sec. XVI); l'Oratorio di S. Giovanni Battista con una statua lignea di Antonio Maragliano, scultore attivo tra XVII e XVIII sec.; la Chiesa campestre di S. Bernardino, dichiarata monumento nazionale, sorta nel sec. XII.

La chiesa custodisce affreschi del sec. XV, tra cui un Giudizio Universale particolarmente realistico, attribuiti in parte al sacerdote di Pinerolo Giovanni Canavesio.
Da vedere infine le fontane tagliate nella pietra viva e i ruderi dell'antico Castello costruito dai Genovesi nel sec. XIII per la difesa dei propri confini.

Il prodotto del borgo

Il principale prodotto del luogo è il pane, nella sua caratteristica forma rotonda.
Molto apprezzati i formaggi d'alpeggio, tra i quali spicca il bruzzo, uno dei più antichi dell'Alta Valle Argentina: ottenuto dalla fermentazione naturale della ricotta, ha un sapore leggermente piccante, è un ottimo condimento per la pasta e si sposa molto bene con il pane e il pomodoro fresco.
Il territorio dona anche castagne, miele e funghi, principalmente porcini e cicotti (tricholoma).

Il piatto del borgo

Fra i piatti locali spiccano le torte di patate e verdure, chiamate semplicemente paste, cotte ancora sul treppiede, in una teglia ricoperta da un testo, sul quale vengono poste braci ardenti.
Squisite le patate in-t-a föglia, tagliate a fette e cotte in una teglia.

Altri piatti sono i ravioli magri, le tagliatelle, le lasagne con le rape, gli gnocchi, i bügaeli (grumi di farina di castagne cotti nel latte), i ciapazöi ed i sügeli, questi ultimi d'origine brigasca ma recentemente introdotti nella cucina locale.

Anche i dolci hanno il sapore semplice di un tempo: i turrun natalizi, i canestrelli e le torte dolci, farcite di saporite marmellata

venerdì 6 gennaio 2012

I tesori dell'Italia nascosta borghi medievali Borgio Verezzi Liguria

Borgio deriva dal latino burgus, centro abitato, mentre Verezzi si fa risalire a Veletiis, ablativo plurale di probabile origine preromana, il cui etimo si perde nella notte dei tempi. Nelle più antiche cronache il borgo è indicato come Veretium o Viretum”.

La Storia

800 ca., ai monaci benedettini che s’insediano nel nuovo centro conventuale vicino a Borgio (Burgum Albingaunum) è affidata la chiesa di San Pietro; ad essi si attribuisce la straordinaria strutturazione del territorio collinare a terrazzamenti sostenuti da muri di pietre a spacco senza legante; negli stessi anni Borgio e Verezzi (Viretum) soffrono le invasioni saracene.
1385, dopo esser stati possedimenti dei Vescovi di Albenga e dei marchesi Del Carretto di Finale, i due centri sono ceduti alla Repubblica di Genova dal Papa Urbano VI. Pietra Ligure in quell’anno diventa una podesteria e Verezzi è citata come “villa” del borgo di Pietra: quella di villa è una definizione amministrativa che distingue i villaggi di carattere rurale da quelli mercantili come i “borghi”, che quasi sempre sono fortificati.
1805, durante l’occupazione napoleonica il territorio viene diviso in Dipartimenti, e Verezzi entra a far parte di quello di Montenotte con capoluogo Savona comandato dal prefetto Chabrol.
1815, la Liguria è incorporata al Piemonte nel Regno di Sardegna; fino a quasi la metà del secolo Verezzi versa in una grave situazione economica con un tenore di vita inferiore a quello di fine Settecento; la principale fonte di sostentamento è l’attività delle cave, che richiede attrezzi costruiti da scalpellini, fabbri, falegnami, seguita dal lavoro nei frantoi; molti verezzini nella seconda metà del secolo emigrano in America.
1885, Verezzi esce dall’isolamento grazie alla realizzazione della prima carrozzabile Borgio – Verezzi, che permette di raggiungere le borgate Roccaro e Piazza con i carri, e quindi, sul finire del secolo, con le prime automobili.
1933, Borgio e Verezzi sono uniti, su ordine del governo centrale, in un unico Comune con il nome di Borgio Verezzi; nel corso della seconda guerra mondiale, Verezzi viene bombardata gravemente l’11 agosto 1944.
Anni ’60, mentre Borgio e la collina vengono aggrediti dall’edilizia e dal cemento, Verezzi rimane sostanzialmente indenne; solo nel 1967, con decreto ministeriale l’intero territorio comunale di Borgio Verezzi è dichiarato “di notevole interesse pubblico” e posto sotto la tutela della Sovrintendenza ai beni culturali; nello stesso anno nasce il Festival Teatrale di Borgio Verezzi che si svolge ogni anno nei mesi di luglio e agosto, ormai annoverato tra i più importanti festival di prosa a livello nazionale.
Anni ‘70, l’abbandono delle coltivazioni di buona parte dell’area prossima a Verezzi (vite, albicocco, ulivo) porta i giovani a trasferirsi a valle e il paese a spopolarsi; negli ultimi anni c’è un’inversione di tendenza: grazie alla valorizzazione turistica del territorio e allo sviluppo delle attività commerciali, le abitazioni verezzine tornano ad essere abitate e restaurate, e sono anzi molto ambite da residenti e turisti.

Nel borgo saraceno il più bel palcoscenico d’Italia


Arroccato sulla collina dell’Orera, il borgo “saraceno” si presenta come un armonioso insieme di quattro diverse borgate (Poggio, Piazza, Roccaro, Crosa), caratterizzate da costruzioni in pietra rosa incastonate in un panorama di roccia e di mare, e collegate da stretti carruggi, mulattiere e stradine - le crêuze - un tempo destinate ai muli e ai carri. Le case addossate l’una all’altra in un armonico disordine di volumi e di masse, sembrano una sola abitazione variamente articolata, che sorge dalla roccia come sua naturale prosecuzione. Questa architettura mediterranea è di chiara influenza arabo-islamica, anche se forse rimane una leggenda la fondazione di Verezzi da parte di pirati saraceni che, innamoratisi di questi luoghi, avrebbero abbandonato le loro scorrerie per ritirarsi a vivere sulla terraferma.

Le quattro borgate si distinguono soprattutto per i loro tetti, a terrazza o a volta poco marcata. La struttura urbanistica è certamente medievale e nella pietra rimane ancora oggi il segno di una fatica vecchia di secoli, che si ritrova nei terrazzamenti - le “fasce” - per sfruttare la terra con colture a uliveto, a vigna e orti. Di pietra sono i muri delle case, i gradini davanti agli ingressi, i pittoreschi archi di collegamento tra abitazioni prospicienti, gli archivolti e i porticati ricavati a galleria sotto le case. Di pietra sono i pluviali dei tetti e le caratteristiche lunette che sorreggono i pergolati, di pietra sono le scale consunte da secoli di transito, di pietra, infine, la pavimentazione delle mulattiere. E’ qui – sulle crêuza de mä (sentieri di mare) cantate da Fabrizio De Andrè – che si svela l’anima più vera della Liguria sopravvissuta alle speculazioni edilizie. E’ bello oggi passeggiare tra le borgate di Verezzi percorrendo le varie crêuze di collegamento. A Roccaro c’è da vedere la cappella settecentesca della Madonna Immacolata con altare e decorazioni di tipo barocco, unico edificio verezzino ad avere la copertura in ardesia. L’abitato di Poggio si sviluppa intorno alla torre secondo due linee ortogonali fra loro, e quello di Crosa è il più antico e il più interessante: sembra scolpito direttamente nella pietra e vi troviamo un sistema di grotte scavate nella collina e già abitate nel Paleolitico, nonché gli edifici religiosi di maggior rilievo. Sopra la borgata, nei pressi del Mulino Fenicio, su di uno sperone di roccia visibile da ogni parte di Verezzi si erge la Croce dei Santi alta 3,50 metri, in pietra di Verezzi. Collocata nel 1664 da alcuni frati Cappuccini di ritorno dalla Terra Santa, è oggi meta di pellegrinaggi religiosi legati alle apparizioni mariane.

Ma è la borgata Piazza la più nota. Perché qui, in questa meravigliosa finestra sul mare che è Piazza Sant’Agostino, con la sua chiesetta del XVII secolo (restaurata dopo le ferite della guerra), è nato il Festival Teatrale di Borgio Verezzi. Ancora oggi, dal lontano 1967, nelle notti d’estate la piazzetta rappresenta lo splendido scenario naturale in cui si muovono gli attori, sotto il cielo stellato ritagliato dai tetti delle antiche costruzioni e, come quarta parete, alle spalle degli spettatori, il blu scuro del mare con le sue mille luci.

Il prodotto del borgo

Oltre al cappero, la cui coltura è in progressivo sviluppo, gli agricoltori verezzini coltivano la vite, producendo vini locali quali la Lumassina, il Nostralino Veretium e il più raro Barbarossa. Gli uliveti, anche se ridotti rispetto al passato, producono del buon olio extra-vergine.

Il piatto del borgo

Il piatto locale per eccellenza sono le lumache alla verezzina, ossia in umido, preparate con una lunga procedura che garantisce il massimo sapore. Alla lumaca è dedicata ogni anno la tradizionale 

lunedì 2 gennaio 2012

se amate la natura godetevi questo video riserva di Migliorino Toscana

i borghi più belli d'Italia

Rieccomi dopo le vacanze natalizie e oggi vi porto nel giro che io ho fatto piccoli borghi medievali ricchi di storia Apricale 

Il nome

Deriva da apricus, cioè soleggiato, esposto al sole. Protetto dalle Alpi Marittime, il borgo sorge infatti in felice posizione tra i boschi di ulivi dell’estremo lembo della Liguria al confine con la Francia, godendo di un ottimo clima.

Lo stemma del Borgo

Apricale

il bacio della pietra con il sole

Il nome

Deriva da apricus, cioè soleggiato, esposto al sole. Protetto dalle Alpi Marittime, il borgo sorge infatti in felice posizione tra i boschi di ulivi dell’estremo lembo della Liguria al confine con la Francia, godendo di un ottimo clima.

La Storia

• XIV-XIII sec. a.C., nella tarda età del bronzo esiste già un insediamento di Celti-Liguri.
• 180 a.C., risalgono a questo periodo i primi accampamenti romani nella zona di Ventimiglia.
• X-XI sec. d.C.: il castello sul roccione chiamato Apricus è fondato intorno al Mille dai conti di Ventimiglia, mentre un secolo dopo il paese prende la forma attuale, con un primo nucleo di case e capanne disposte lungo i fianchi del roccione.
• 1092, compare in un atto notarile la prima citazione del villaggio di Apricale, che è costituito Comune intorno al 1200.
• 1267, gli Statuti rurali in pergamena, recentemente restaurati, sono il fiore all’occhiello della millenaria storia di Apricale. Le norme in essi contenute - un misto di diritto romano e germanico - forniscono il ritratto della vita nel borgo nel XIII secolo. Ogni abitante doveva andare a messa nei giorni festivi, gli omicidi venivano sepolti vivi con le loro vittime, le adultere decapitate.
• 1270 ca., Apricale entra nel feudo dei Doria di Dolceacqua e vi resta per cinque secoli con la breve parentesi dei Grimaldi di Monaco nel XV sec.
• 1491, in un documento si fa riferimento alla “piazza nuova” che diventa il vero centro del paese.
• XVIII sec., gravi difficoltà economiche colpiscono il Comune, sconvolto dalla partecipazione alle spese di guerra da gelate (1709), siccità (1718), peste (1720) e carestia (1735).
• 1795, nel periodo napoleonico un commissario requisisce le campane in tutta la vallata e proibisce le processioni, gli accompagnamenti per i funerali e il viatico agli infermi.
• 1815, Annessione al Regno di Sardegna.

L’andamento sinuoso dei carugi e un castello pieno d’arte

Apricale è unica. Disposta scenograficamente intorno alla piazzetta, ha un'anima a scale, con i vecchi edifici in pietra che si sviluppano in altezza su più piani: capita così che l'ingresso sia posto al piano alto e si debba scendere le scale per accedere alle stanze. Apricale significa poesie fatte in strada, atelier di artisti, rifugio di viaggiatori che hanno trovato il locus amenus in cui dare ascolto ai folletti o alla civetta nel bosco.
Claudio Nobbio, il "poeta di Avrigue", racconta in versi i miti di Apricale: la misteriosa lucertola che dà nome al castello, rinvenuta, sotto forma di vecchio metallo arrugginito, nel cerchio di pietre di Pian del Re, dove si era fermato il re dei Celti; il "trombettiere di Apricale" John Martin, soldato del generale Custer e unico sopravvissuto al massacro di Little Big Horn; l'arrivo di alcuni templari scappati dalla Provenza e nascosti nella torre.
"La notte potrebbero esserci stelle / sopra la piazza di Avrigue / per farti ritrovare la strada / dei tuoi pensieri": la splendida piazza, con la fontana di origine gotica e i sedili in pietra, è il cuore del borgo, attorniato da uno stupefacente agglomerato di case, vicoli, scalinate, contrafforti, sottopassi e orti. Bello è soprattutto il reticolo dei vecchi carugi in pietra (vie Mazzini, Castello, Cavour), angusti vicoli lastricati dall'andamento sinuoso e collegati da ripide scalinate.
Alle spalle della piazza sorge l'Oratorio di S. Bartolomeo, al cui interno si ammira un bel polittico rinascimentale raffigurante la Madonna della Neve (1544); di fronte, la Chiesa Parrocchiale, di origine medievale ma quasi interamente rifatta nel XIX sec.; in alto, il Castello della Lucertola, completamente restaurato e adibito a contenitore culturale: contiene un giardino pensile ed è circondato - come la parte più alta del borgo - da una notevole cinta muraria con tre belle porte ad arco, mentre una delle torri quadrangolari del maniero è stata successivamente trasformata nel campanile della Chiesa Parrocchiale.
Da vedere, infine, ai piedi del borgo, la Pieve di S. Maria degli Angeli, con pregevoli affreschi rinascimentali e barocchi e, appena fuori, la Chiesa di S. Antonio Abate, del XIII sec. con facciata barocca, e le rovine di S. Pietro in Ento, pieve romanica di origine benedettina, il più antico edificio di culto del territorio.
Apricale non disdegna però il tocco artistico della contemporaneità: la bicicletta sul campanile, i murales sui muri dei carruggi, le pagine d'acciaio del monumento al libro di Enzo Pazzagli e Claudio Nobbio.
Quest'ultimo, così scrive: "Dio pagano che abiti qui / tu che controlli i rintocchi delle campane / tu che governi il crescere dell'erba / nelle fasce a terrazze / della Liguria più nascosta / tu che leggi negli occhi delle volpi di notte / Che cavaliere sono io / se ho perso tanto tempo / prima di entrare nel profondo del cuore / della valle del Nervia".

Il prodotto del borgo

Città dell’Olio, Apricale è terra di taggiasca, l’oliva che dà origine a un extravergine di eccezionale qualità.
Dai produttori locali si trovano anche pâté d’olive, olive in salamoia, pesto, miele d’acacia e di castagno.

Il piatto del borgo

Il menu di Apricale comincia con un antipasto di verdure ripiene (fiori di zucca, torta verde, sardenaira), prosegue con un primo piatto di ravioli (di carne, boragine o bietole) o con i tagliarini al pesto, mentre per i secondi la scelta è tra cosciotto d’agnello al forno, coniglio con le olive cotto nel vino Rossese e cinghiale con polenta.
Come dessert, pansarole e zabaione