sabato 7 gennaio 2012

Triora borgo delle streghe

Poco lontano da Imperia nella valle Argentina si trova il borgo delle streghe 
  • iIl nome
Deve la sua origine al latino tria ora, ovvero tre bocche: quelle del cerbero rappresentato nello stemma.
Secondo alcuni indica i tre fiumi alla cui confluenza si trova il territorio, secondo altri i tre prodotti principali (grano, castagna e vite) su cui si basava la sua economia.

La Storia

• XI-XII sec., appartenuto alla marca aleramica, e poi alla arduinica (ma di remotissime origini, sicuramente abitato dai Liguri prima della conquista romana), il borgo di Triora è un importante feudo della Contea di Ventimiglia. Dopo avere tentato invano di conquistarlo, la Repubblica di Genova lo acquista nel 1261. Grazie alla sua importanza strategica e militare, Triora diventa la IX Podesteria della Repubblica di Genova, a capo di un vasto territorio. In cambio, Genova avrà un alleato fedele nei secoli, che sosterrà sotto la sua bandiera numerose battaglie.
• 1405, dopo tanti anni di lealtà, la popolazione, vessata da pesanti tributi, si rivolta contro la casa madre genovese distruggendo quattro delle cinque fortezze (in seguito ricostruite). Tornato l'accordo con Genova, che Triora continua a rifornire di grano e di vino, il borgo stringe accordi anche con i paesi confinanti (solo con Briga sostiene una plurisecolare battaglia per la difesa dei pascoli).
• 1587-1589, sono gli anni del celebre processo alle streghe, che vede coinvolte alcune donne di Triora, culminato con cinque condanne a morte.
• 1625-71, nelle guerre fra i Savoia e Genova, il borgo fortificato riesce a resistere al nemico, mentre i paesi vicini sono dati alle fiamme.
• 1797-1820, con la proclamazione della Repubblica Ligure, Triora diventa capoluogo dell'VIII Cantone della giurisdizione degli Ulivi, e dal 1805 fino alla caduta di Napoleone (1814) appartiene alla Francia. Con le truppe napoleoniche arrivano i saccheggi delle chiese, l'abrasione degli stemmi nobiliari degli antichi palazzi, la cacciata dei padri agostiniani dal convento.
• 1815, Triora passa alla Casa Savoia, provincia di Nizza, e dal 30 marzo 1860 al Regno d'Italia.
• 1944, il tritolo dei tedeschi nei primi giorni di luglio distrugge interi quartieri, come quello storico del "Rizettu", contribuendo al progressivo spopolamento dell'antica e gloriosa Podesteria genovese, che oggi cerca un rilancio attraverso il turismo e le iniziative culturali dell'Associazione Pro Triora, custode delle memorie del luogo.

Tra i carruggi deserti alla ricerca della "bagiua".

"Accovacciata sui gradini d'ardesia di una casa-torre, una ragazza, avvolta in una calda mantella di lana...": viene in mente, passeggiando per Triora, il racconto di I. E. Ferrario ambientato in questo millenario borgo della splendida Valle Argentina, che fu teatro nel XVI secolo di uno dei più famosi processi alle streghe.
 Il vecchio borgo, per quanto in parte spopolato e ancora segnato dalle distruzioni operate dai tedeschi nel 1944, conserva un notevole fascino.
E ora che sono iniziate le ricostruzioni dei  palazzi che ne hanno fatto la storia (Capponi, Borelli e Stella), una nuova fase potrebbe aprirsi per il paese. Provate ad osservarne il profilo, di sera, dalla terrazza dell'albergo Colomba d'Oro. Se poi c'è la luna piena, la magia è assicurata.
A proposito di magia, molti sono i luoghi che sprigionano un senso ineffabile di mistero, un'adesione alle forze della natura.
La Cabotina innanzitutto, perché vedendone i ruderi non si può fare a meno di pensare a cosa succedeva lì dentro, al motivo che spingeva ragazze e  donne di Triora a recarsi lì dopo l'Ave Maria o a notte inoltrata.
Oppure si può salire al Monte delle Forche, un posto così bello dove doveva essere spiacevole morire guardando Triora dall'alto (qui, si racconta, cresceva la mandragora dal seme degli impiccati: una pianta da cui le bagiue ricavavano filtri per prolungare l'atto sessuale).
O ancora, si può salire al cimitero, "simile a un fortilizio destinato all'ultima difesa", ha scritto Bacchelli, perché ricavato dentro una delle cinque fortezze del luogo.

Passeggiare per il borgo, inoltrarsi dentro i carruggi, sotto volte e archi scavati nella roccia, negli antri scuri di case diroccate, è come tornare indietro nel tempo. Una sorta di sbigottimento medievale prende a percorrere tenebrosi portici, oscuri angiporti, gradinate, strade catacombali annerite dal fumo di secoli, da incendi saraceni o dal tritolo nazista. Riemergere al sole e alla luce brillante della Valle Argentina, è quasi una liberazione.   

Un'altra meraviglia a Triora sono i portali, da quello gotico (sec. XII) della Collegiata, a quelli dei palazzotti nobili, con i simboli delle casate discalpellati nel periodo post-rivoluzionario francese, con le architravi scolpite, i marmi abrasi, i bassorilievi su pietra nera o ardesia, e le sculture più affascinanti: agnelli mistici, monogrammi di Gesù, Annunciazioni, stemmi, addirittura, in una sovrapporta, un vegliardo con barba e, sul muro della parrocchia, un frate che tiene fra le dita della mano occhiali a molla. E' tutto un occhieggiare di segni del passato, di presenze sparite, di blasoni distrutti, di passi antichi che risuonano sul selciato di pietre levigate dall'uso.

Tra le emergenze architettoniche figurano: la Collegiata con il campanile tardo-gotico e con i suoi numerosi tesori, tra cui un Battesimo di Cristo del pittore senese Taddeo di Bartolo (1397) e un quadro su tavola del genovese Luca Cambiaso (sec. XVI); l'Oratorio di S. Giovanni Battista con una statua lignea di Antonio Maragliano, scultore attivo tra XVII e XVIII sec.; la Chiesa campestre di S. Bernardino, dichiarata monumento nazionale, sorta nel sec. XII.

La chiesa custodisce affreschi del sec. XV, tra cui un Giudizio Universale particolarmente realistico, attribuiti in parte al sacerdote di Pinerolo Giovanni Canavesio.
Da vedere infine le fontane tagliate nella pietra viva e i ruderi dell'antico Castello costruito dai Genovesi nel sec. XIII per la difesa dei propri confini.

Il prodotto del borgo

Il principale prodotto del luogo è il pane, nella sua caratteristica forma rotonda.
Molto apprezzati i formaggi d'alpeggio, tra i quali spicca il bruzzo, uno dei più antichi dell'Alta Valle Argentina: ottenuto dalla fermentazione naturale della ricotta, ha un sapore leggermente piccante, è un ottimo condimento per la pasta e si sposa molto bene con il pane e il pomodoro fresco.
Il territorio dona anche castagne, miele e funghi, principalmente porcini e cicotti (tricholoma).

Il piatto del borgo

Fra i piatti locali spiccano le torte di patate e verdure, chiamate semplicemente paste, cotte ancora sul treppiede, in una teglia ricoperta da un testo, sul quale vengono poste braci ardenti.
Squisite le patate in-t-a föglia, tagliate a fette e cotte in una teglia.

Altri piatti sono i ravioli magri, le tagliatelle, le lasagne con le rape, gli gnocchi, i bügaeli (grumi di farina di castagne cotti nel latte), i ciapazöi ed i sügeli, questi ultimi d'origine brigasca ma recentemente introdotti nella cucina locale.

Anche i dolci hanno il sapore semplice di un tempo: i turrun natalizi, i canestrelli e le torte dolci, farcite di saporite marmellata

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