venerdì 15 novembre 2013

sempre il mio poeta preferito Eugenio Montale,


Meriggia Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.



















Passare il pomeriggio, pallido (per il caldo) e riflessivo, vicino a un caldissimo recinto di un giardino, ascoltare tra i rovi e le sterpaglie canti rumorosi dei merli, fruscii dei serpenti. Nelle crepe del terreno o sulla pianta della veccia osservare le file di formiche rosse, che ora si dividono, ora si riuniscono, in cima a piccolissimi mucchietti di terra. Guardare attentamente tra i rami il balenare in lontananza delle onde che si accavallano, mentre si alzano tremolanti frinii di cicale dalle alture prive di vegetazione. E procedendo nel sole che abbaglia la vista, percepire con uno stupore malinconico com'è realmente la vita intera e la sua sofferenza, in questo camminare di fianco a un muro che ha in cima cocci taglienti di bottiglia.

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