lunedì 10 novembre 2014

scritto da francesca il 10 11 2014

Giormata-infermieri-2009_manifesto

Nella vita si ha un DNA anche per le predisposizioni lavorative.

Già da bambina sentivo un grande trasporto nei confronti dei bisogni della gente, non sapevo che cosa era quello che sentivo dentro di me, ma so che ero felice se potevo rendermi utile.
Così molto spesso mi trovavo in situazioni più grandi di me, prendendomi anche delle belle sgridate. ” Fatti i fatti tuoi”, era la frase che spesso mi sentivo dire, insomma passavo come una ficcanaso.

Nel lontano 1958 entrai come inserviente nella grande cucina del Gaslini gestita da suore che della parola  “amore “non conoscevano neppure il significato.

Perciò tante furono le angherie che io subii( niente caffè, sei stonata, messa alle 6,30 del mattino e poi ti davano la brodaglia).

Eppure io ringrazio le loro angherie perchè da un male ne è uscito un bene.

Mi facevano ruotare per sostituire persone mancanti, perciò molto spesso mi ritrovavo in cucina dietetica. Qui ho imparato a conoscere vari tipi di alimentazione indispensabili per le varie malattie, e con la dietista pesavo al mg. gli ingredienti che servivano alle diete da somministrare. E questo mi piaceva molto.

La dietista un giorno mi disse “Alba lei qui è sprecata, la sua intelligenza merita altro, faccia il corso da generica”.

A quei tempi il livello di istruzione era molto inferiore ad oggi e per essere diplomate bastavano 2 anni di scuola superiore, mentre per la generica era sufficiente la 5 elementare.

Avevo paura,erano anni che non prendevo la penna in mano, ma soprattutto  non avevo i soldi per i libri.
Tutto questo lei lo capì al volo, mi diede i suoi libri e fece in modo che gli orari di lavoro coincidessero con la scuola. Non solo ma mi ha aiutato anche a studiare.

Mi impegnai con grande forza di volontà, era quello che io in fondo avevo sempre desiderato.
La sveglia era alle 5 del mattino e a causa della grande lontananza casa- lavoro, la mia giornata terminava alle 23. Tutto questo durò un anno.

Finché giunse il sospirato giorno che lessi in bacheca: ” promossa con 59 su 60 sessantesimi”.

diploma
Non dimenticherò mai più la prima volta che ho indossato la divisa e sono entrata in corsia.
Rubavo con gli occhi il lavoro, ascoltavo i medici in visita, e leggevo molti trattati di medicina.
Dovevo essere pronta ad aiutare, il mio sangue freddo che non perdeva lucidità nei momenti difficili, è stato il mio sostegno reale.

Dopo anni, già mamma di due bambini Luigi e Lia, mi iscrissi ad un corso di specializzazione in neuro psichiatria pediatrica.

Mi affascinava la materia, così entrai nel più brutto reparto che il Gaslini potesse avere, con bimbi convulsivi, microcefali, idrocefali, malformazioni neonatali, ecc ecc.

La mia rabbia era la mia impotenza di fronte a queste tremende patologie.

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Molto spesso i miei piccini avevano tragedie famigliari alle spalle, abbandonati a loro stessi e alla bontà di chi poteva prendersene cura.

Poi se sei mamma la tua sensibilità aumenta. Ricordo che di notte stiravo e lavavo i loro camicini indossati dai miei figli, e siccome anche l’occhio vuole la sua parte, i piccini, così, sembravano meno malati.

Rientrata in servizio dopo la terza figlia Laura, mi innamorai di una bimba, Angelica. Aveva 12 mesi,due occhietti vispi, mora e capelli ricci, era sana in assoluto ma aveva alle spalle vicissitudini famigliari molto tristi e dolorose.

12 m

Era veramente proibito baciare i bambini ma lei ne ha presi tanti, ma tanti di baci a “scrocco”, da me. Divenne la mia quarta figlia.

Dio sa quanto bene le ho voluto, ero riuscita ad ottenere dei permessi dalla direzione sanitaria per portarmela a casa. Visse con noi 6 anni finché la procura minorile ce la tolse. L’ho cercata ovunque ma non l’ho mai più ritrovata. E’ un pezzo di vita che manca a completare il mosaico del mio cuore.

Infermieri si nasce non si diventa.

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